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La storia di Silvana Fucito ne Il coraggio di Angela, Lunetta Savino: “Una donna contro la camorra”

Rai1 ripropone il film Il coraggio di Angela ispirato alla storia vera di Silvana Fucito. Lunetta Savino, diretta da Luciano Manuzzi, interpreta una donna che dice no alla camorra, si rifiuta di pagare il pizzo e porta avanti la sua battaglia per la legalità, nonostante le terribili conseguenze. L’attrice Lunetta Savino ha ripercorso su Fanpage.it la storia della commerciante napoletana.
A cura di Daniela Seclì
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A sinistra Silvana Fucito, a destra l'attrice Lunetta Savino
A sinistra Silvana Fucito, a destra l'attrice Lunetta Savino

Rai1 ripropone il film Il coraggio di Angela. Diretto da Luciano Manuzzi con Lunetta Savino, è ispirato alla storia vera di Silvana Fucito, una commerciante di vernici che si oppose al racket. Il 19 settembre del 2002, i camorristi incendiarono il suo negozio a San Giovanni a Teduccio. La donna, però, non si lasciò intimorire. Denunciò gli estorsori e li fece arrestare. Lunetta Savino ha ripercorso la sua storia su Fanpage.it, evidenziandone l'importante messaggio.

Silvana Fucito compare insieme a lei nella scena finale de Il coraggio di Angela. Che idea si è fatta quando ha avuto modo di conoscerla?

Quando mi proposero di raccontare la sua storia, mi ricordai di averla già vista in televisione. Nel 2005, il Time aveva inserito Silvana Fucito tra i 37 eroi europei dell'anno ed era stata ospitata in diverse trasmissioni. Mi colpì questa donna così pacata, tranquilla nel raccontare il suo no alla camorra, come se fosse la cosa più scontata e naturale da fare. In realtà, non tutti hanno il suo coraggio.

Nel 1998, Silvana Fucito entrò nel mirino di alcuni camorristi che le chiesero il pizzo. In un primo momento, per timore, pensò di cedere. Nel 2002, però, si ribellò e si rifiutò di assecondare le estorsioni.

In contrasto con il marito, che sembrava più propenso a venire a patti, si mise di traverso e disse di no, rischiando la vita. Affrontò i camorristi, che non tardarono a vendicarsi, come fanno abitualmente per piegare alle loro regole. Le incendiarono il negozio di vernici.

Nel film, Angela prende a cuore il nipote Salvatore – figlio di un camorrista – e decide di farlo lavorare nel suo negozio per dargli un futuro migliore. Questa parte è realmente accaduta?

Questa è la parte romanzata, inventata, però è molto interessante. Angela sceglie di sottrarre il nipote a un destino di criminalità. Gli offre un lavoro, un'alternativa. È quello che hanno fatto in tanti sia in Campania che altrove, costruire delle alternative concrete per questi ragazzi che sembrano avere un destino già segnato.

Un messaggio fondamentale già espresso nel film Felicia Impastato. La mafia non si combatte con la violenza. Si strappano i giovani alla malavita, dando loro nuove possibilità.

Non c'è dubbio. Bisogna costruire per loro un'altra strada e trasmettere valori forti come l'onestà, l'impegno, il lavoro, il guadagnarsi la giornata in modo pulito, senza accettare scorciatoie. È importante provocare nella sensibilità di un giovane che dà per scontato il suo destino, il pensiero che si possa fare una scelta diversa.

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Tornando alla storia di Silvana Fucito, dopo l'incendio del suo negozio è stata abbandonata da amici e familiari.

Si ricade nel meccanismo di lasciare sole le vittime. I cambiamenti possono avvenire solo se in tanti aderiscono allo stesso modo di lottare, di reagire, di opporsi alla criminalità. Se rimani un caso isolato, un'eroina, diventa difficile, faticoso. Purtroppo sono dinamiche ricorrenti. È la paura che mangia l'anima, che blocca, paralizza.

Silvana Fucito, infatti, precisò di non voler essere considerata un'eroina. Voleva solo dimostrare che si può dire di no al racket e continuare a vivere.

Questa storia colpisce proprio perché Silvana è una donna comune, una madre di famiglia che ha un negozio di vernici e si trova, suo malgrado, coinvolta in una cosa più grande di lei. Sente di dover dire di no e lo fa, accettandone il rischio.

Denunciò e fece arrestare i suoi estorsori. Finirono in carcere ben quindici persone.

Sono storie positive da raccontare, buone occasioni per veicolare messaggi utili. Come attrice, sono contenta di essere stata chiamata a interpretare dei ruoli così. La prova attoriale è impegnativa, ma c'è anche un profondo senso di impegno civile. Raccontare con il linguaggio della fiction queste storie, è un'occasione per farle conoscere e farle diventare esemplari.

Dopo la storia di Silvana Fucito, si sono moltiplicate le denunce.

È come aprire una valvola. Questa donna che ha sfidato a brutto muso i boss e che non ha avuto paura, ha dato coraggio ad altre persone vessate dal racket. Certo, la strada è ancora lunga. È importante che le istituzioni e le associazioni antiracket aiutino e proteggano chi combatte la stessa battaglia.

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