La storia di Adriano Olivetti: “La fabbrica è una tortura per lo spirito, bisogna capire gli operai”
"Compito della fabbrica è diffondere bellezza attorno a sé": diceva Adriano Olivetti. L'imprenditore, nato nel 1901 a Ivrea, rivoluzionò l'azienda di famiglia lasciando che bellezza ed efficienza si fondessero. Al centro, il benessere degli operai che trascorrevano le loro giornate in fabbrica. Il suo genio è stato celebrato nella fiction di Rai1 con Luca Zingaretti ‘Adriano Olivetti – La forza di un sogno‘, risalente al 2013 e riproposta martedì 19 novembre.
Le origini ebraiche e l'antifascismo
Il padre di Adriano Olivetti (Camillo, fondatore dell'azienda) era ebreo, la madre Luisa Revel valdese. I genitori, di comune accordo, non imposero al figlio quale religione seguire. Tuttavia, gli procurarono un certificato di battesimo valdese, che gli permise di sfuggire alla persecuzione attuata nei confronti degli ebrei. Una volta adolescente, manifestò il suo antifascismo, soprattutto dopo il rapimento e l'omicidio di Giacomo Matteotti. Adriano Olivetti ne fu profondamente colpito e si impegnò attivamente insieme al padre, promuovendo delle manifestazioni.
Il sogno di una fabbrica a misura d'uomo
Quando aveva solo 13 anni e poi di nuovo da adolescente, il padre lo mandò a fare esperienza come operaio in fabbrica. Così, Adriano Olivetti si rese conto di quanto fosse alienante stare per ore davanti a una macchina. In un'intervista rilasciata alla Rai dichiarò:
"Mio padre mi mandò a lavorare in fabbrica, nel 1914. Ho faticato molto. Il lavoro a queste macchine non mi attraeva, non fissava la mia attenzione, la mente vagava e si stancava. Avevo difficoltà a capire come si potesse stare per ore alla stessa macchina senza imprigionare lo spirito. Ecco era una tortura per lo spirito, stavo imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina. Occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare il mestiere di manager, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri".
L'attenzione al benessere degli operai
Nel 1932 diventò direttore della Olivetti e, tassello dopo tassello, attuò il suo sogno di una fabbrica che fonda la sua forza sul benessere dei dipendenti. Meditò su come rendere più facile la vita a coloro che trascorrevano le loro giornate al servizio dell'azienda. Spesso reinvestiva gran parte degli utili della Olivetti in strutture dedicate agli operai. Forniva assistenza medica ai suoi dipendenti, prestava attenzione alle donne riconoscendo loro un permesso retribuito di 9 mesi, durante i quali lo stipendio non veniva decurtato. Inoltre, non appena i bambini delle operaie avevano compiuto sei anni e mezzo, venivano accolti e accuditi in asili costruiti vicino alla fabbrica. Un aiuto fondamentale per le mamme che trascorrevano diverse ore in officina. Non mancavano, poi, le mense, gli ambulatori medici e persino una biblioteca di cui Olivetti diceva: "È un centro culturale con corsi per giovani, per adulti, con mostre e conferenze. Bisogna educare i giovani alla comprensione dei valori della cultura". Inutile dire che molti industriali guardavano a Olivetti con sospetto. Ritenevano pericolosi i troppi diritti concessi ai suoi lavoratori e che avrebbero potuto mettere in subbuglio gli operai di altre fabbriche che non ne godevano.
La prima macchina da scrivere portatile e la Lettera 22
Adriano Olivetti, poi, si concesse un lungo viaggio negli Stati Uniti durante il quale visitò tutte le fabbriche di macchine da scrivere per coglierne suggerimenti e innovazioni. Nel 1932, poco dopo essere diventato direttore della Olivetti, ideò la prima macchina da scrivere portatile chiamata MP1. Seguirono altri modelli, fino all'iconica Lettera 22. Alla Rai spiegò come mai suo padre decise di produrre macchine da scrivere:
"Mio padre espose la prima macchina da scrivere nel 1911. La prima macchina uscita da questa fabbrica venne esposta con molto interesse. Prima di produrre macchine da scrivere, produceva strumenti di misura come i contatori elettrici, i quali venivano distribuiti in massa soprattutto alle grandi compagnie di distribuzione dell'energia elettrica. Mio padre pensava che questo tipo di rapporto non lo rendesse abbastanza indipendente. Era un rapporto di collaborazione ma anche di dipendenza. Volle produrre qualcosa come una macchina, che si vende una per una a tante persone diverse. Questa varietà di distribuzione portò alla sua indipendenza a cui teneva tantissimo".
Adriano Olivetti ha avuto quattro figli e due matrimoni
Quanto alla vita privata dell'imprenditore, negli anni '30 Adriano Olivetti ha sposato Paola Levi. Dal loro matrimonio, sono nati tre figli: Roberto, Lidia e Anna. Dopo alcuni anni, i due hanno deciso di separare le loro strade. Nel 1950, l'imprenditore ha sposato Grazia Galletti da cui è nata la quarta figlia, Laura.
Adriano Olivetti è morto il 27 febbraio 1960
Il vissuto di Adriano Olivetti si è concluso improvvisamente quando l'imprenditore aveva solo 59 anni. Era il 27 febbraio del 1960. Olivetti prese il treno da Arona per raggiungere Losanna. Il suo intento pare fosse quello di chiedere a delle banche svizzere dei fondi da investire nella sua azienda. Purtroppo non arrivò mai a destinazione. Nel tragitto, infatti, venne colpito da un'emorragia cerebrale che non gli lasciò scampo.