La stand up comedy italiana sbarca su Netflix, la Rai si lascia scappare un’altra occasione
Da diverso tempo, visto il clima sovranista, un dubbio perplimeva gli appassionati di televisione, gli addetti ai lavori e i comici stessi: perché Netflix che fa della stand up comedy anglosassone un architrave del proprio catalogo, non ha spettacoli di Stand Up Comedy italiana?
La risposta è arrivata alcune settimane fa, quando il colosso dello streaming ha annunciato per i prossimi mesi i primi tre spettacoli di stand up comedy italiana: Edoardo Ferrario con "Temi Caldi" dal 15 marzo, Francesco De Carlo con "Cose di questo mondo" dal 12 aprile e Saverio Raimondo con "Il Satiro Parlante" dal 17 maggio. I tre speciali sono prodotti da DAZZLE in collaborazione con AGUILARI. nsomma, fino a pochi giorni fa la piattaforma che meglio riesce a dettare e intercettare le tendenze culturali contemplava come unico esemplare di stand up comedy italiana uno spettacolo di Beppe Grillo del 2017.
La scena italiana di stand up comedy
L'acquisizione dei tre show da parte di Netflix è quindi un'ottima notizia per la realtà comica italiana, da tempo, rivitalizzata da un nuovo movimento più in linea con le tendenze contemporanee. Un movimento nato nell'ultimo decennio, partito quando il metodo Zelig iniziava a vacillare e mostrare i primi segni di cedimento, dopo aver regolato le logiche della comicità in Italia per anni. Per metodo Zelig intendiamo genericamente il contenitore che accoglie un considerevole numero di artisti che si susseguono sul palco e uno stile comico in cui il tormentone tende a schiacciare il contenuto.
Il consueto ritardo con il quale il nostro Paese giunge sui fenomeni culturali occidentali ci dà motivo di estendere la riflessione a un altro aspetto. Tralasciando la definizione di Stand Up Comedy, che di massima si può definire uno stile comico corrosivo, dai toni politicamente scorretti e controversi e senza filtri su temi come religione, sesso e politica, qualcuno era timidamente arrivato sulla stand up comedy prima di Netflix. Stiamo parlando di mamma Rai, che negli anni scorsi, complice forse il clima di incertezza politica che impediva un controllo editoriale eterodiretto preciso, aveva dato spazio a questa realtà, prima di abbandonarla.
I timidi tentativi di stand up comedy targati Rai
Lo aveva fatto con operazioni poco fortunate, centrate solo in parte e colpevoli del principale dei peccati in relazione alla comicità: la diluizione. Quell'atteggiamento del "farlo senza esagerare" che ha contrassegnato alcuni progetti del servizio pubblico negli anni scorsi. Ad esempio "Aggratis" (2013), che aveva maldestramente tentato di inserire monologhi in stile stand up in un flusso di interventi comici più convenzionali; "Nemico Pubblico" con Giorgio Montanini, costola del progetto Satiriasi fondato da Filippo Giardina, in onda in seconda serata su Rai 3 per due stagioni e poi inspiegabilmente fermato. O ancora "Sbandati", progetto che pur non avendo un'impostazione tradizionale da stand up, nasceva con l'intento di contemplare inserti di comicità derivanti dal mondo della stand up. Contenuti Rai nati con l'intenzione di intercettare e incanalare un nuovo flusso, una maniera diversa di intendere la comicità.
Ferrario, De Carlo e Raimondo in Rai
Gli stessi nomi su cui ora Netflix punta per il lancio della Stand Up Comedy italiana gravitano da anni nel mondo Rai, in maniera più o meno continuativa, come riassumiamo brevemente. Edoardo Ferrario aveva preso parte a "Quelli che il Calcio" nel 2016, quando il suo nome era già ampiamente noto per la web serie "Esami" e mentre faceva il suo percorso in radio con "I Sociopatici", su Radio2. Saverio Raimondo ha condotto il Dopofestival di Sanremo nella prima edizione targata Carlo Conti ed è spesso ospite di programmi del servizio pubblico (sul suo nome si è sviluppata una polemica in relazione all'ultimo Sanremo, dal quale sarebbe stato silurato). Non da meno Francesco De Carlo, stand up comedian con esperienza internazionale, personaggio noto a viale Mazzini per la partecipazione al già citato "Nemico Pubblico" e l'ideazione di progetti come "Tutta colpa della Brexit", approfondimento in forma di documentario in onda su Rai3 in seconda serata nel 2017, e più di recente l'interessante "Data Comedy Center", che proprio in virtù del suo interesse è stato "relegato" alla sola piattaforma RaiPlay.
Sempre lunga vita a Netflix, naturalmente, che qualcuno riterrà piattaforma più adatta ad assorbire prodotti di questo tipo, godendo di un pubblico maggiormente incline a contenuti di vocazione internazionale, oltre ad essere svincolata dal filtro del politicamente corretto. Ma è altrettanto vero che la Rai dovrebbe smetterla di nascondersi dietro quell'etichetta "sfigata" da anni legittimamente appiccicata sulla fronte del cavallo di Viale Mazzini. Dovrebbe quindi prendere atto di essere concorrente di Netflix, di possedere una propria piattaforma online in costante crescita che permette di distribuire ai fruitori i contenuti in modo diversificato e ammettere di essersi lasciata scappare, anzi di essersi fatta scippare, qualcosa che stavolta era riuscita ad intuire in anticipo.
Eppure Raimondo lo aveva gridato mesi fa, sarebbe bastato dargli ascolto.