La differenza della “Domenica In” di Mara Venier è non rincorrere la concorrenza
Il ritorno a Domenica In di Mara Venier è stato il fatto televisivo più commentato della settimana appena trascorsa. Le grandi aspettative erano alimentate da una miscela di emotività, la Venier tornava in Rai dopo essere stata incomprensibilmente cacciata anni prima, e dal filone narrativo del duello televisivo tra la conduttrice di Domenica In e Barbara d'Urso, in onda in contemporanea su Canale 5.
Che gli ascolti della prima puntata abbiano dato ragione alla Venier, è un dato poco rilevante che andrà confermato nel corso della stagione, ma a margine della seconda uscita del programma si possono già intravedere elementi e caratteristiche riconoscibili nel contenitore pomeridiano della domenica di Rai1.
Paradossalmente Domenica In e Domenica Live si somigliano in un aspetto sostanziale, essendo due programmi costruiti in maniera quasi morbosa sulla centralità della figura femminile alla conduzione. Mara Venier ha portato la sfida sul campo della personalizzazione con l'operazione "Io sono ancora qua", simile a una recente e fortunata crociata di Giletti, non solo per il riferimento a Vasco Rossi. La trasmissione è un'ode al suo ritorno in quello spazio televisivo, in cui è stata padrona di casa per quasi un decennio e che lei conosce meglio di chiunque altro. Che il ritorno della Venier sia il leit motiv della trasmissione è dimostrato dal segmento "Una canzone per Mara", in cui alcuni personaggi fanno ascoltare strampalate canzoni concepite per lei simulando, con ironia, le logiche del talent show.
La differenza nei ritmi
Ma la personalizzazione è forse l'unico punto di contatto tra le due domeniche, molto diverse per quel che riguarda un aspetto sostanziale: il ritmo. Domenica Live ha una scansione maniacale dei tempi televisivi, mentre sta accadendo qualcosa si sta già anticipando quello che accadrà (o che potrebbe accadere) dopo il successivo blocco pubblicitario. Si tratta di una strategia che funziona, perché costringe il telespettatore all'affiliazione, lo tiene attaccato allo schermo con un sistematico incedere di continui indovinelli.
Completamente diverso l'approccio della Venier, che pur avendo frequentato la televisione commerciale con assiduità negli ultimi anni, non ha perso il timbro più riflessivo che caratterizza lo stile Rai ed ha anzi capito che la linea di demarcazione tra Domenica In e Domenica Live dovesse essere tracciata esattamente in quel punto. Pochi gli applausi nelle interviste, per lo più apparentemente spontanei, domande poste con una inusuale lentezza e pacatezza. E soprattutto la presenza di una cifra ironica che Cristina Parodi era stata incapace di trasferire al programma. Nei momenti di svago la Venier ride molto, si prende in giro e prende in giro, ha piena padronanza della situazione anche quando deve lasciare spazio agli altri. E la Venier non ha comunque rinunciato all'approfondimento di storie complesse di cronaca nera, come il caso Cantone e quello Vannini, offrendo comunque al telespettatore la percezione di un approccio delicato, che è certamente retaggio degli anni a "La Vita in diretta".
Questa Domenica In, che è un semplice contenitore di intrattenimento pomeridiano e non una trasmissione che ha pretese di cambiare la televisione, potrebbe lasciare il segno perché sta preferendo non correre, anzi non rincorrere, fare il proprio gioco e costringere la concorrenza a fare quanto la Rai ha fatto negli anni appena trascorsi: spiare l'altra parte. Poi saranno i risultati delle prossime settimane a determinare il percorso e gli eventuali cambiamenti dei due programmi della domenica.