L’Italia dovrà pagare 10 milioni di euro ad Europa 7
10 milioni di euro. E' la cifra che dovrà pagare l'Italia all'emittente Europa 7 dopo la condanna della Corte dei europea dei diritti umani. La mancata concessione per dieci anni delle frequenze all'emittente di Francescantonio Di Stefano costa caro al Paese, in un momento aspro e incolore come questo, per i danni morali e materiali che ha inflitto alla tv locale. La richiesta di Europa 7 era di due miliardi di euro ma gli avvocati difensori dello Stato italiano avevano sottolineto durante l'udienza pubblica tenutasi lo scorso ottobre che Di Stefano era stato già risarcito in parte nel 2009, quando il Consiglio di Stato gli riconobbe la cifra di compensanzione pari ad un milione di euro.
Un po' di storia. Correva l'anno 1999 ed Europa 7 vinse effettivamente la gara per la concessione delle frequenze nazionali grazie ad un progetto che ottenne il massimo punteggio per la programmazione di qualità ed un settimo posto totale, davanti a Rete 4. Il titolo concessionario venne rilasciato il 28 ottobre 1999 con una licenza che prevedeva l'inizio delle trasmissione entro il 31 dicembre dello stesso anno. Erano previste oltre 700 assunzioni, un centro di produzione a Roma per un totale di 8 studios ma il reale problema è che l'emittente non aveva ancora ricevuto frequenze su scala nazionale. Un autorizzazione ministeriale del 1999 partita dal ministero delle comunicazioni, contravvenne ai risultati della gara pubblica, permettendo la prosecuzione delle trasmissioni in analogico di due reti eccedenti: Rete 4 e Tele + Nero. Da qui l'ironia su twitter, quest'oggi: ringraziamo Emilio Fede.
Aldo Grasso scriveva così nel 2009: "È la storia di un Paese che legifera non per porre delle regole ma per ratificare l'esistente, spesso per sanare una situazione selvaggia. È la storia di come, per ragioni politiche, si possano disattendere sentenze della Corte costituzionale e della Corte di giustizia della Comunità europea". Del resto dalla legge Mammì del 1990, passando per la legge Maccanico del 1997 fino al pasticcio finale della legge Gasparri del 2003, ci sono passati una serie di iter parlamentari, emendamenti e compromessi tali che, alla fine, Europa 7 con le frequenze assegnate, non ha mai trasmesso su quelle di sua competenza. Ma Di Stefano non restò a guardare ed un ricorso al Tar con sentenza definitiva nel 2004 affermava che il Ministero avrebbe dovuto assegnare subito le frequenze, realizzando di fatto la concessione. Arriva il momento della legge Gasparri, estate 2003, si punta al riordino del sistema radiotelevisivo e all'introduzione del digitale terrestre. La legge approvata in parlamento viene rinviata alle camere da Carlo Azeglio Ciampi con un riferimento esplicito alle problematiche relative alla pluralità d'informazione. Arrivò il decreto cosiddetto salvareti nel 24 dicembre 2003, per poter garantire le trasmissioni via etere a Rete 4 (e garantendo la pubblicità su Rai Tre), diventando legge nel febbraio 2004 e per Berlusconi giustizia fu fatta:
La Corte costituzionale, guidata da una maggioranza di sinistra, ha agito contro la volontà del popolo sovrano, dato che un referendum aveva difeso il buon diritto di Mediaset e della Rai di tenersi tre reti ciascuna.
Una storia travagliata quella di Europa 7 che adesso vede finalmente riconoscersi i danni morali e materiali per i tanti anni senza le frequenze che le spettavano. Avrebbe potuto dare molto fastidio ai colossi della televisione italiana, diventando un terzo/quarto polo televisivo con proposte che, iniziando soltanto l'11 ottobre 2010 le prime trasmissioni, potevano garantire una pluralità di scelta e d'informazione importante.