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Kasia Smutniak: “Le parole sono importanti, i diritti delle donne vanno tutelati”

Protagonista di “Domina”, la serie Sky Original interamente disponibile dal 14 maggio anche sulla piattaforma Now, Kasia Smutniak racconta a Fanpage.it quanto è importante questa serie in questo momento storico: “La storia antica ci è stata raccontata dagli uomini e in effetti noi delle donne e della loro storia sappiamo pochissimo. I problemi cominciano proprio da qui”.
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Perdere i diritti fondamentali, è una cosa molto facile. Lo sa bene Kasia Smutniak, che ha visto la sua Polonia tornare indietro di vent’anni dichiarando anticostituzionale l’aborto. È anche per questo che – nella lunga intervista concessa a Fanpage.it per il debutto di Domina, la nuova serie Sky – quando le chiediamo cosa sceglie tra parole e intenzioni, l’attrice non ha dubbi: “Alle parole bisogna dare il giusto peso, quando le tratti con leggerezza è il primo segnale che la società sta accettando un percorso”.

In Domina, disponibile con tutti gli episodi su Sky e Now dal 14 maggio, Kasia Smutniak è Livia Drusilla, moglie di Augusto, il primo imperatore romano. È la figlia di Marco Livio Druso Claudiano, uno dei cospiratori di Giulio Cesare. Costretta all'esilio prima in Grecia e poi in Sicilia, Livia Drusilla riconquisterà tutto, prima dei 30 anni, sposando proprio l'uomo da cui anni prima era stata costretta a fuggire.

Kasia, l'impressione è che Livia Drusilla arrivi in un momento perfetto per quello che è lo scenario attuale e per quello che è la tua carriera in questo momento. 

Sì, è arrivato in un momento giusto nella mia vita. Mi viene chiesto di raccontare un personaggio così potente, così iconico come Livia Drusilla con tutto il suo percorso. Una donna che ha vissuto più di ottant’anni tra rinunce, difficoltà e battaglie personali. Quindi, penso che è arrivato nel momento giusto perché sono abbastanza grande per potermi guardare indietro e tirare le somme di un piccolo percorso fatto come essere umano, come donna. Quando sei più giovane, più piccolo, il percorso se lo crea ma non si rende conto di quello che ti accade intorno. A 40 anni, invece, tiri le somme e Livia è arrivata al momento giusto. Sento una forte necessità di raccontare questo personaggio perché trovo sia importante dare vita a un personaggio oggi stiamo vivendo un periodo di grande cambiamento dove i fondamentali diritti delle donne vengono messi in discussione.

Come si esce da questo periodo di cambiamento e di incertezza?

Conoscere la storia e le radici della nostra società, come l’epoca romana. Se la storia è stata raccontata dagli uomini, la storia antica, in effetti noi delle donne e della loro storia sappiamo pochissimo. Abbiamo solo un punto di vista sul nostro passato e forse i problemi cominciano da lì. Anche io non mi sono resa conto fino in fondo, pensavo che non dovevamo andare a scavare così nel profondo della storia e invece ho scoperto che questa cosa è quasi necessaria. Capire che tipo di percorso abbiamo fatto noi uomini e donne è fondamentale per migliorare e andare avanti. Penso ci sia ancora tantissimo da fare, sono nata e cresciuta in un Paese che ha fatto moltissima strada ed è riuscito a tornare indietro su questo argomento nell’arco di vent’anni. Abbiamo la totale certezza che siamo capaci di scordarci tutto e rinnegare la nostra storia. Ed è un po’ quello sta accadendo oggi. E quindi oggi siamo di nuovo lì, in piazza, a rivendicare i diritti fondamentali.

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Hai menzionato quello che succede nella tua Polonia, dove l'aborto è stato dichiarato anticostituzionale. Anche qui in Italia il discorso è un po’ inquinato. Penso alle riduzioni anche attraverso personaggi televisivi – su tutti Pio e Amedeo – e si è parlato molto del rapporto tra parole e intenzioni. Qual è la tua posizione su questo?

Penso che con i social network anche il mondo dello spettacolo si è allargato a tantissime persone. Noi abbiamo delle responsabilità e non è più il momento per stare in disparte di fronte a certi atteggiamenti. È il momento di agire e credo che le parole sono molto importanti e non esiste una leggerezza con cui poter dire certe cose. Alle parole bisogna dare il giusto peso e bisogna prendersi le proprie responsabilità. Chi ha la possibilità di arrivare al grande pubblico porta questo peso e punto. Io a vent’anni non lo pensavo così, però vedi vengo da una famiglia militare. Sono nata sotto il regime comunista e nessuno della mia famiglia poteva esprimere pareri politici o religiosi perché semplicemente non era permesso. Mi è stata insegnata la disciplina e soprattutto la coerenza, che è la cosa che manca di più oggi. Ma vengo anche da un paese che ha fatto enorme passi indietro proprio perché è stata data troppa leggerezza alle parole che sono il primo segnale che la società sta accettando un percorso. Ok? Quando i nostri antenati sono riusciti a ottenere certi diritti, questi diritti non possono essere più messi in discussione. E noi non possiamo permettere a nessuno né di scherzare, né di girarci attorno perché questo è il primo segnale che porta alla disattenzione. E io ne ho la certezza di questo essendo polacca, perché vedo quello che sta succedendo nel mio Paese. E questa cosa succederà, ma sta già succedendo, anche in Italia.

Ritornando a Domina, sono rimasto colpito dall'apertura del quarto episodio dove dai alla luce un bimbo nato morto. Come si mette in scena questo dolore? 

Io dico sempre che per interpretare un assassino non devi uccidere. In altri casi, la vita ti porta a vivere sentimenti che non avresti voluto vivere e quando vai a interpretarli in scena, sai solo tu quello che hai portato. È bello anche questo. Noi facciamo finta di esprimere cose, ma spesso finta non si fa per niente e allora si va a pescare nella propria storia personale. Mi interessa far vedere e far capire il dolore di una donna, di una madre, di un essere umano quando deve prendere certe decisioni. Il dolore del percorso che fa, quello che affronta. Questi sono sentimenti universali e chi li ha vissuti lo capirà benissimo.

Lasciamoci con un sorriso: a cosa non rinunceresti mai in questo momento. 

Mi viene da dire: alla mia famiglia. E non sarei in grado di rinunciare ai miei principi, non più. Sono abbastanza grande per poter dire che nulla vale la pena per rinunciare a sé stessi. E quando dico sé stessi dico appunto: la mia famiglia, i miei figli, mio marito, i miei genitori, le mie certezze e le mie conquiste.

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