Gnocchi ogni Domenica
Due possibilità: o Gene Gnocchi è tanto sottile da aver scelto un ruolo che lo renda ostile e inviso, oppure è probabile che esageri sul serio, senza che la sua volontà partecipi attivamente a questo strazio. Se Marco Civoli, dal suo predellino, è costretto a fare da sergente per salvaguardare l’identità di una trasmissione che debba parlare di sport, allora la bilancia pende a favore della seconda eventualità. Si parla della presenza del comico emiliano alla Domenica Sportiva, incipriata e obsoleta come Paola Ferrari, ostinatamente e inspiegabilmente al timone. Non si ha nulla contro di lei, fatta eccezione per il trucco pesante e la sua incapacità a tenere a bada il Gene Gnocchi molesto che si trova di fianco, a cui finisce per dare corda, stadio ultimo della deriva di un'incapace spalla comica.
E Gnocchi ci dà dentro senza freno (terza possibilità è un premio aggiuntivo per singola battuta), nolente a ricordarsi che potrebbe prima di tutto parlare di sport, sapendone qualcosa. Quando ruba parola parte d’istinto, svilendo anche gli scampoli di qualità fisiologici che il suo genio indiscusso gli concede a intervalli regolari. Teo Teocoli l’aveva preceduto in questo ruolo di tappabuchi, un compito palesemente finalizzato a dare leggero brio ad un formato tenuto in vita come s’è fatto per la Fiat: questione di tradizioni. Ma a Rai Sport il divieto di provare a rialzarsi sembra una clausola contrattuale non scritta, al pari della disiscrizione dalla Fiom come condizione per la riassunzione dei cassintegrati. Resta che Teocoli si fosse dimostrato leggermente più adatto, forse dotato di un aplomb congeniale alla situazione, o magari perché tenuto a bada da conduttori dal polso meno malleabile, o ancora perché erano tempi più lontani dal 476 d.C. cui Rai Sport si sta lentamente e progressivamente avvicinando. Il disfacimento è voluto. Che questa accusa possa servire da stimolo. I campi alternativi in cui spaziare esisterebbero. Gene Gnocchi, qualche anno fa, propose che la DS venisse affidata a lui e Teocoli, in coppia.
Sarebbe una via incerta, ma nuova: responsabilizzare entrambi, evitandogli il dovere dell’improvvisazione, al fine di svincolarsi dal profilo serioso e i linguaggi che caratterizzano l’idea malsana che l'intera nazione abbia del calcio. In questo campo, per risorse profuse, non si può gareggiare con le televisioni private, salvo che esplorando zone oscure dove gli altri non si spingano. Gene Gnocchi potrebbe riuscirci. Contribuì, è noto, a rinnovare i fasti di Quelli che il calcio nel post Fabio Fazio, quando nessuno ci avrebbe scommesso. Ad oggi, pur con difficoltà e penalizzati da una eco molto minore, la chiave usata da Victoria Cabello e Virginia Raffaele con quel filo che lega Quelli che il calcio per rinnovare il contenitore domenicale di Raidue è stata esattamente la stessa: l’astuzia di ampliare le vedute, senza dimenticare gli obiettivi. Eppure la chiosa finale, densa di disfattismo, è che questo auspicio verrà lasciato a riposare in soffitta, assieme a tutti gli altri. Nel frattempo l’indice di gradimento di Rai Sport è ai minimi storici: la generazione Sky ha preferito godersi l’ultimo rigore dei mondiali vinti dall’Italia con qualche secondo di ritardo, conoscendone l’esito a causa delle grida anticipate, perché già mossa dal senso di appartenenza ad una cerchia, già pronta ad innalzare Fabio Caressa a mito nazionale e richiedere l’inserimento del proverbiale “Andiamo a Berlino, Beppe!” come nuova dicitura nella Garzantina dedicata agli aforismi.
Pur arrivando in anticipo, la Rai è sempre in ritardo.