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Giorgia Trasselli: “Raimondo Vianello e Sandra Mondaini morti insieme, come accade nei grandi amori”

Giorgia Trasselli, l’attrice nota per il ruolo della tata nella sitcom Casa Vianello, ricorda Raimondo a 10 anni dalla scomparsa. Dall’intesa con Sandra Mondaini dentro e fuori dal set all’indulgenza divertita riservata a quanto hanno avuto la fortuna di lavorarci, fino al profondo affetto per quei bambini che decise insieme alla moglie di adottare. E l’ultimo incontro in ospedale, pochi mesi prima della morte: “Mi rivolse uno sguardo dolcissimo, era di una profonda tenerezza che andava cercata”.
A cura di Stefania Rocco
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Il 15 aprile 2010 moriva Raimondo Vianello, una delle due parti che componevano lo storico duo formato con la moglie Sandra Mondaini, inossidabile coppia in televisione e lontano dal set. Ad accompagnarli in tv per 19 anni, nell’iconico ruolo della tata di Casa Vianello, fu l'attrice teatrale Giorgia Trasselli, che con  Sandra e Raimondo ha lavorato per quasi un quarto di secolo. C’era quando Raimondo rimproverava scherzosamente la moglie persa in uno dei suoi quesiti, quando entrambi si lasciarono conquistare dai bambini che avrebbero deciso di adottare, adottando al contempo l’intero nucleo familiare dal quale provenivano. C’era anche durante a quell’ultimo incontro al San Raffaele di Milano, pochi mesi prima della morte di Raimondo. E lo sguardo che quell’instancabile professionista della televisione le rivolse non lo avrebbe mai più dimenticato.

Dieci anni dalla scomparsa di Raimondo Vianello. Cosa manca di più?

Mancano il suo garbo, la sua arte, soprattutto l’ironia e il divertimento che ci procurava. Era molto simpatico Raimondo, anche fuori dal set. Aveva questa capacità di commentare qualsiasi cosa con quel suo umorismo un po’ british. Anche quando si arrabbiava con Sandra, che gli poneva quesiti surreali, lo faceva divertendosi e divertendo.

Quali quesiti gli poneva?

Non dimenticherò mai quando una sera, mentre con il loro autista accompagnavano a casa noi attori una volta finito di girare, lui chiese a Sandra quali fossero i programmi per la serata. Lei aveva sua madre che era anziana, aveva dei problemi alle gambe, però quella sera sarebbe dovuta andare a giocare a carte. “Ma io devo andare a giocare” disse lei e Raimondo rispose “Allora stasera io metterò i cerotti a tua madre”. Ma con un garbo incredibile. Mi ricordo che Sandra arrivava in studio senza sapere niente, lo dichiarava lei stessa. Noi eravamo lì tutti pronti con il copione e lei si rivolgeva a lui e gli chiedeva “Raimondo, qual è la trama?”. Raimondo rispondeva con questi occhi che roteavano verso il cielo, chiedendo aiuto a tutti noi. Erano già nella parte ancora prima di girare.

Da Casa Vianello a Nonno Felice a Finalmente soli, le sitcom negli anni 80/90 hanno avuto un discreto successo in Italia, poi si sono spente. Perché questa involuzione?

Erano sitcom originate dalla grande commedia italiana con attori formidabili che reggevano la scena.  Credo sia anche un problema economico quello di oggi: attori di questo tipo vanno pagati. Oppure è perché la tv è andata verso i prodotti cotti e mangiati, quelli che raccontano la vita delle persone con i reality, impoverendo l’aspetto artistico. Eppure ancora oggi Totò è il maestro, ridiamo ancora con Aldo Fabrizi, Walter Chiari, Franca Valeri. Da lì abbiamo preso tutto. Non è una telecamera puntata in una stanza con cinque o sei persone a fare arte.

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Il rapporto di Raimondo Vianello con la famiglia filippina adottata rese più mite quel carattere apparentemente burbero?

Raimondo era noto anche per il suo cinismo. Non amava la retorica e i sentimentalisti sciocchi, era una persona asciutta. Dei suoi sentimenti era molto geloso ma aveva una profonda umanità, una grande attenzione verso gli altri che la dicevano lunga sulla sua sensibilità. Quei bambini li adorava, anche su di loro faceva delle battute terribili che tradivano tutto il suo affetto. Era tenerissimo, completamente conquistato.

L’ironia, dissacrante soprattutto nei confronti del suo matrimonio con Sandra, era la cifra del personaggio di Vianello. Diceva “Rifarei tutto. Mi risposerei anche. Con un’altra, naturalmente”. Com'erano loro due  telecamere spente?

Erano legati senza esibizioni plateali. Bastava uno sguardo, una mano appoggiata sull’altra, senza esibizioni. È molto difficile per due artisti condividere la vita e il set ma loro si stimavano talmente tanto da riuscirci. C’era un’ammirazione reciproca, per l’artista e per la persona.

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Vianello mori il 15 aprile del 2010. Solo pochi mesi dopo lo avrebbe raggiunto la moglie Sandra. La mancanza dell’uno aveva spento l’altro?

Quando Sandra è morta, pochi mesi dopo Raimondo, ho provato forte dolore. Ma anche un senso di meraviglia. Pensavo che avrebbe retto molto di più. Ne aveva passate tante, aveva affrontato e vinto un tumore, era stata sempre molto forte. Invece ho compreso che senza Raimondo non poteva stare, non ce l’ha fatta. Se n’è andato lui e lei si è sentita come persa. Capita nei grandi amori. La mattina dei funerali di Raimondo fu terribile. Non volle vestirsi, arrivò con la sedia a rotelle e questa benda sull’occhio perché era caduta e aveva sbattuto la faccia. Me la ricordo mentre urlava il nome di Raimondo. Fu un momento profondamente doloroso.

Cosa è successo alla sua vita dopo Casa Vianello?

Faccio teatro, nasco da lì ed è sempre stato casa mia. Poi arrivò questo fortunatissimo provino per il ruolo meraviglioso in Casa Vianello di cui sono stata sempre molto grata. Poi ho insegnato per anni dizione e uso della voce e ho fondato una scuola di teatro dalla quale sono usciti diversi attori in gamba.

In occasione del decennale della scomparsa, cosa vorrebbe che l'Italia sapesse di Raimondo Vianello che ancora non sa?

La sua profonda tenerezza. Andava cercata, non era la sua caratteristica più immediata. Andai a trovarlo in ospedale pochi mesi prima della morte e mi rivolse uno sguardo dolcissimo. Il pubblico lo ricorda per il divertimento, l’ironia, il suo fascino ma era anche questo, un uomo dotato di profonda dolcezza.

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