Gianni Morandi: “Non ho mai scordato da dove venissi, mi ha dato forza”
Gianni Morandi ha esaudito il desiderio di Silvia Toffanin di fare con lei un'intervista nella quale sono apparsi in un filmato tutti i ricordi di Morandi, la gente di Monghidoro che da sempre lo adora ed è a lui legata. A cominciare dal sindaco, che l'ha invitato in concerto prima della fine del suo mandato. Il legame con il proprio paese d'origine resta forte, molto forte: "Ho sempre provato a non dimenticarmi da dove venivo". Sullo schermo appaiono tutti i protagonisti del suo passato, dalla prima fidanzata, il primo compagno di banco, amici e parenti. Ma da dove viene Morandi? Chi erano i suoi genitori?
Papà era segretario del partito Comunista locale, ogni mattina mi faceva leggere i libri dalla sezione, come il Capitale. Il fatto di leggere a voce alta forse mi insegnava un po' il senso di certe terminologie.
Gianni non dimentica di fare riferimento alla fortuna che ha avuto all'inizio della sua carriera, potendo conoscere, sin dai primordi, personaggi come Morricone e Bachalov, che sarebbero divenuti premi Oscar e dei quali lui subì l'influenza. Arriva poi il turno di Albano e della rivalità tra i due. Il cantane di Cellino San Marco mostra una foto del '67 nella quale è evidente l'astio tra i due, o comunque la paura reciproca, l'uno dell'altro. Molto belle le parole che il cantante di Cellino gli indirizza:
Seppi di Gianni quando viveva la difficoltà del militare e della possibilità che la sua carriera potesse venir meno. E lui aveva paura di me, perché i suoi produttori si stavano quasi dirottando su di me. Ma l'ho sempre apprezzato per il grande coraggio, come quello dimostrato quando iniziò la crisi di notorietà negli anni '70, quando si rimise in gioco studiando musica, al conservatorio. E' stato eccezionale, perché anziché scegliere la strada dell'estero come molti come me hanno fatto, è rimasto in Italia. A lui riconosco una grande lealtà, capacità di mantenere promesse. Non ci parliamo molto per vicissitudini personali, ma quando ci parliamo è sempre un grande piacere.
Morandi parla proprio di questo momento no attraversato dopo la grande onda del successo anni '60, nel quale non avevo mai tempo per stare a casa: "Mio padre mi aveva sempre detto che quel momento di difficoltà poteva andarsene. Le difficoltà arrivarono tutte insieme: la musica in Italia cambiava, c'erano gli anni del terrorismo, delle brigate rosse, in più avevo dei problemi con la mia prima moglie. Tutte insieme, queste cose mi colpirono molto, in particolare la morte di mio padre. Eravamo andati insieme in venezuela, per un mio concerto. Poi il manager disse a mio padre "Devo portarti a vedere New York". Io tornai in Italia e dopo due giorni ricevo una telefonata e solo a sentire la parola "pronto" capì che si trattava di una cosa grave: infatti era molto di infarto. Era un momento piputtosto duro, sentivo il mondo crollarmi addosso. Dopodiché sono cominciati quegli anni quasi di vuoto, di silenzio. E qualcuno mi invitò a studiare la musica, di cui non sapevo nulla. Così decisi di studiare, ho frequentato per sette anni, è stata una cosa che mi ha riempito le giornate, sono stati anni molto formativi, che mi hanno fatto vedere l'altra faccia della medaglia. Ma col senno di poi sono stati quasi una fortuna. Ricominciai negli anni '80 e direi che le cose più importanti dal punto di vista professionale sono nate dopo. Negli anni del conservatorio ero convinto che non avrei più cantato. Però negli anni '80 incontrai Mogol dopo la chiusura del rapporto con Battisti. Da lì nacque un sodalizio tra noi due".
Amici e parenti sono d'accordo su una cosa: la vera dote di Gianni è sempre stata sicuramente quella di aver svolto il suo lavoro come una vera e propria professione, senza mai andare oltre il necessario rapporto umano da mantenere con tutti, appassionati, amici e parenti. Infine un pensiero in merito a Lucio Dalla, l'amico grande artista scomparso quasi due anni fa: "C’eravamo visti solo due giorni prima allo stadio, a vedere il Bologna. Lucio sarebbe partito il giorno dopo per una tournée in Europa e io gli avevo promesso che sarei andato a trovarlo in qualche tappa. Lui, invece, si era ripromesso di venire presto a casa mia per conoscere meglio mio figlio Pietro e passare un po’ di tempo con mia moglie Anna. Quando, il giorno dopo, Bibi Ballandi mi disse al telefono che Lucio era morto non ci potevo credere. Ero disperato e non sapevo cosa dire ai tanti giornalisti che mi chiamavano per chiedermi un commento".