Giancarlo Giannini: “Grazie a Napoli se oggi sono un attore”

Giancarlo Giannini, ospite di Massimo Giletti nello speciale di Pasqua, "Protagonisti – L'Arena", racconta la sua vita. Cinquant'anni di carriera, una vita privata intensa, ricca di affetto, interprete di tantissime pellicole di spessore, tra cinema italiano e internazionale. L'attore rivela del suo passato "napoletano", un periodo che gli ha dato, praticamente, i fondamentali dell'essere attore.
Se non avessi vissuto a Napoli, non sarei mai riuscito a diventare un attore. Perché lì c'è fantasia, c'è una carica completamente diversa. Tutto parla di qualcosa, tutto è vissuto con carica, con teatralità e con forte passione. Conservo sempre di me un fanciullino segreto, quello ti da la forza di andare avanti in questo mestiere.
Il rapporto con i figli, sempre scanzonato, libero, ma mai anarchico.
Ricordo che quando avevamo le giornate libere, per passarle un po' insieme, decidevo con loro dove andare tirando una monetina. Dicevo loro: ‘Nord o sud?', in base a testa o croce, e così si viaggiava. L'avventura era una componente fondamentale, per distrarli da quelle prime macchine che stavano venendo fuori e ti spingevano a chiuderti in casa. C'erano i Commodore, al tempo. Poi quando si andava a mangiare fuori, invitavo loro a mettere i voti, a votare le pietanze. E' stato un modo per insegnargli la buona cucina, è un valore. Molto meglio di altre schifezze.
Il rapporto con Mariangela Melato, una coppia incredibile al cinema, un sodalizio indossulibile. L'attore, nel giorno della sua morte, scrisse di lei: "E' l'attrice più grande, meravigliosa e fragile". Conferma le sue parole da Giletti:
Era una signora attrice, a tutto tondo. Una persona meravigliosa, tra di noi c'era un'alchimia chimica, qualcosa di speciale e non siamo mai stati insieme. Eravamo come parenti. Un aneddoto? Tantissimi episodi, abbiamo fatto molti film, quelli dove più eravamo a contattato, era proprio in "Travolti da un insolito destino". Mariangela non aveva proprio paura della morte, perché chi ha paura di morire e come se avesse paura di vivere. Era una donna epica. I suoi personaggi a teatro, come Medea, erano da considerarsi quasi d'impegno civile per lei. I suoi personaggi erano un'idea, nascevano come capacità di voler comunicare.