Gabriella Pession racconta la nuova vita da imprenditrice: “Punto sulle donne e sfido i pregiudizi”
Gabriella Pession si è raccontata in un'intervista rilasciata a Fanpage.it. A 43 anni, è una donna che ha vissuto tante vite. Appena quindicenne, a seguito della rottura dei legamenti, si è vista costretta a lasciare il pattinaggio che praticava a livello agonistico:
"Se non mi fossi infortunata forse sarei rimasta nello sport. Il pattinaggio resta il mio grande amore. Lo sogno quasi tutte le notti. Mi ha insegnato la serietà, la dedizione e la capacità di accettare le sconfitte, rialzarsi e andare avanti".
Dopo l'infortunio, è partita per Roma dove ha avuto inizio la sua brillante carriera da attrice (a breve tornerà sul set per girare La porta rossa 3 dove interpreta Anna Mayer). In questi anni, ha continuato a evolversi, a seguire l'istinto e a fidarsi della sua creatività. Oggi sta sperimentando nuove strade e coltivando un percorso professionale come imprenditrice. Il suo porto sicuro e la sua prima "fonte di gioia" resta la famiglia, il marito Richard Flood e il figlio Giulio.
Stai rivoluzionando la tua vita professionale. Non sei più solo un'attrice ma anche un'imprenditrice. Cosa ha innescato questo desiderio di cambiamento?
Ho sempre avuto un approccio attivo e creativo alla mia professione. Stando in America, poi, ho osservato la gigantesca industria del cinema e della televisione, in cui è all'ordine del giorno che gli attori, dopo vent'anni di carriera come la mia, diventino produttori, autori o sviluppino dei progetti. Si evolvono. Il mio allontanamento dall'Italia e dall'identità sociale solo come attrice, ha fatto fiorire in me la volontà di creare dei progetti, comprare i diritti e sviluppare collaborazioni come quella con Endemol.
Cosa puoi anticiparci riguardo a questa collaborazione?
Sto sviluppando tre grossi progetti televisivi, due per l'Italia e l'altro internazionale. In uno sono coautrice e degli altri due sono produttrice esecutiva. Non posso ancora svelare i titoli però sono già in fase avanzata. Insomma, essere impacchettata e incasellata solamente come attrice è una cosa dalla quale mi discosto e mi dissocio. Pian piano il mio percorso da imprenditrice sta prendendo piede ed è quello che vorrò fare da grande (ride, ndr).
Da quali aspetti del mestiere di attrice ti sei sentita limitata?
Mi andava stretto il fatto di limitarmi a dire le battute, promuovere il film, fare un red carpet e taggare le borse. Va tutto benissimo, fa parte del mio percorso, però mi mancava la parte creativa. Avere un'idea, portarla avanti e vederla nascere. Questo mi rende felice. Non ho più la bulimia lavorativa di fare tre fiction all'anno o tre film. Io voglio fare poco, fatto bene, che mi corrisponda e mi stimoli. Mi rendo conto che è un percorso impervio e forse più difficile per una donna nel nostro Paese, ma io credo che noi donne abbiamo bisogno di fare sentire la nostra voce. Sai cosa ho fatto?
Raccontami.
Ho creato un team composto per la maggior parte da donne. Non per una questione di genere, ho un marito meraviglioso e un figlio maschio. Però credo veramente che noi donne dobbiamo fare squadra, lavorare in gruppo. Abbiamo ancora molto da dire e da affermare. In Italia magari sarà più difficile per me fare questo salto. Ci sono pregiudizi e giudizi. Ma io me ne frego, faccio quello che amo.
Tra i tanti nuovi progetti, c'è anche un film in cui ripercorri il rapporto con tuo padre. È stato terapeutico fare i conti con la sua assenza?
Sono sei anni che sto cercando di sviluppare questo progetto. È una gestazione abbastanza lunga che sto affrontando con Anna Pavignano. È un film per il cinema, molto intimo. Lo dovevo a me stessa. È catartico ma indaga anche in maniera universale un rapporto tra padre e figlia. Dopo la morte del padre, questa figlia cerca di rimettere insieme i pezzi di un puzzle che non le torna.
Dopo la morte di tuo padre, hai riletto in modo diverso la sua assenza?
La morte, con il suo silenzio assoluto, dà modo di rimettere insieme i pezzi e di creare un rapporto con una persona anche se non c'è più. Ho amato molto mio padre, ma abbiamo avuto un rapporto difficile. Lui era un artista, un creativo, un pittore, un uomo molto affascinante, molto colto, però è stato assente come papà. Mio marito è un padre eccezionale. Quando lo vedo con nostro figlio Giulio mi dico: "Io queste cose non le ho avute". Lì è iniziato il percorso nella scrittura di questo film.
Non hai mai nascosto di avere vissuto dei momenti bui legati anche a questo rapporto conflittuale. Come hai riconquistato la serenità?
Sono una persona molto sensibile e ho avuto degli anni di difficoltà come tutte le persone che guardano alla realtà con uno sguardo disilluso. Credo che tutto sia parte di un percorso e che la vera scommessa nella vita sia riuscire ad andare oltre, ricrearti, trovare il tuo equilibrio. Devo dire che i miei 40 anni sono l'età più serena, più stabile. Sono felice di dove sono, non rimpiango niente e mi reputo una persona molto fortunata.
Prima hai menzionato Anna Pavignano. Nel film Da domani mi alzo tardi, ispirato alla storia di Massimo Troisi, interpreti proprio lei.
Lei è stata la musa di Massimo. Scrissero tutti i film insieme. Recito accanto a John Lynch. Quando ho letto il copione, ho pensato che avremmo dovuto girarlo in inglese. Troisi è talmente un genio intoccabile che credo sia meglio discostarsi dal biografismo puro.
In questi giorni sei tornata in Italia, tuo figlio Giulio come ha vissuto questo distacco?
Mi ha detto: "Mamma, perché non fai lavorare solo papà e tu stai qua con me? Oppure lavora da casa, in smart working". Io gli ho cucinato un meraviglioso piatto di lasagne, gli ho fatto le polpette con le date per quando andrò via, così ha tutto preparato dalla mamma. Però gli ho detto: "Amore, la mamma deve lavorare. La mamma è mamma, ma può anche lavorare". Io non potrei rinunciare al lavoro, perché fa parte della mia identità, di quello che sono e sarebbe una violenza se me ne privassi. L'importante è trovare una dimensione che possa essere equilibrata per il bambino. Io e mio marito siamo una squadra e ci riusciamo.
Dal 31 agosto, avranno inizio le riprese de La porta rossa 3. Cosa puoi anticiparci su ciò che accadrà al personaggio di Anna Mayer?
Sono ormai tre anni che è morto Cagliostro per cui è una donna che ha elaborato il lutto. È alla ricerca dell'equilibrio, di una propria identità che vada al di là del legame con il marito e con la figlia di 3 anni. Sarà un personaggio fuori dalle regole: è un magistrato, ha a che fare con la giustizia, l'autorità, però opererà al di fuori di questo ambito. Cercherà una giustizia che è al di sopra della legge stessa.
Il 5 settembre, sei attesa a Venezia dove sarai madrina del Filming Italy Best Movie award.
È un onore per me essere madrina di un evento che premia le produzioni italiane e che è volto a sostenere la lotta contro la violenza sulle donne. Un tema a cui sono molto sensibile. Tornare a Venezia mi emoziona. Sarà anche un'occasione per rivedere tanti amici. Con la mascherina ma finalmente di persona.
Nel tuo curriculum c'è anche un gioiellino come la serie tv Oltre la soglia, che però non ha avuto il giusto riscontro.
È stata la serie che ho amato di più in assoluto nella mia carriera. Mi è dispiaciuto moltissimo che non abbia avuto successo a livello di numeri, nonostante le ottime critiche. In molti hanno riconosciuto il valore del tema della malattia mentale che abbiamo sviscerato. La cosa più bella è stata incontrare dei ragazzi che mi hanno ringraziata perché attraverso questa serie si sono sentiti meno sbagliati, meno soli e meno timidi nell'accettare e convivere con la loro patologia.
Ritieni che il tuo futuro sia in America o in Italia?
In Italia. Sono innamorata pazza del mio Paese. È un posto strano Los Angeles. Una città impregnata di solitudine e dell'illusione che debba per forza accadere qualcosa di bello. Mi manca il rapporto con le persone, parlare con il panettiere, andare in piazza e incontrare gli amici. Io e mio marito vogliamo tornare a vivere in Italia l'anno prossimo.
Pensate anche di allargare la famiglia?
Certo, quello sempre. La famiglia è la mia prima fonte di gioia, di stabilità. È il più grosso regalo che la vita mi abbia fatto. Grazie al mio matrimonio e alla mia famiglia, io sono una donna libera. Sembra un paradosso e invece questa sicurezza affettiva, mi dà la possibilità di allontanarmi e vivere la mia creatività, senza essere condizionata dal possesso o dalla gelosia. Ho la calma mentale per fare quello che amo senza ansie.