Filippo Giardina: “Il mio spettacolo è pacifista, ma in Italia abbiamo bisogno di ricostruire tutto”
Filippo Giardina è tra i principali esponenti della Stand-up comedy italiana. Cos'è la stand-up comedy? "Pensieri impopolari, frasi controverse e un po' di sborra", perché la prima impressione è quella che conta. La presenta proprio così Filippo Giardina, destabilizzando subito il pubblico, testandolo con una battuta ghiacciata durante l'apertura di uno dei suoi spettacoli con il collettivo Satiriasi, di cui è fondatore. E di questa comicità irriverente, scorretta, scostumata e che rifugge ogni stereotipo, senza alcuna censura, pare che il pubblico sia ghiotto a giudicare dai 30 sold-out per il suo ultimo tour "Lo ha già detto Gesù", in tutta Italia dalla Sicilia alla Valle d'Aosta (sulla sua pagina ufficiale ci sono gli aggiornamenti sulle prossime date).
Nei suoi monologhi, Filippo Giardina non risparmia nessuno. Attacca il popolino di Facebook, quello che non sa fare uso consapevole dei social network e attacca internet, giudicato "il sesto potere" in uno dei suoi monologhi più visti. Mette alla berlina il Movimento Cinquestelle e il suo fondatore, Beppe Grillo, immaginando la genesi del partito in uno dei suoi monologhi più popolari. Un personaggio come lui, che dice sempre quello che pensa, finisce per fare controcultura e fornire una serie di spunti soprattutto politici, condivisibili o meno. In una divertente conversazione abbiamo parlato di comicità e di stereotipi, abbiamo commentato il risultato delle ultime elezioni e della corsa all'indignazione che si fa sui social newtork, ultimo esempio il caso "Weinstein".
Uno spettatore ti ha scritto per dirti che il tuo spettacolo, "Lo ha già detto Gesù", dovrebbe essere venduto come ‘cura dimagrante per il peso dell'anima'. Che effetto fa leggere messaggi del genere?
È stato un complimento bellissimo, non contano mai niente come le critiche, però esistono critiche e complimenti costruttivi, che fanno un po' più piacere perché coglie il senso dello spettacolo. L'idea di decongestionare tutto, noi stessi, gli altri. È uno spettacolo comico e il primo obiettivo è far ridere le persone. È uno spettacolo pacifista.
Un artista che dice quello che pensa finisce per diventare anche un contaminatore politico e culturale. Come ti poni in questo senso?
Io ho avuto varie fasi nei miei 18 anni di carriera. Quando ero immaturo e inesperto, avevo l'idea di lanciare un messaggio o qualcosa su cui far riflettere ma non ha senso. È come mettersi su un piedistallo. Indirettamente può avere un risvolto politico e culturale, devo ragionare su cosa dire e come dirlo e affari del pubblico se qualcuno vuole farsi una riflessione o meno.
Non possiamo non parlare di elezioni. Che ne pensi dell'esito?
È un disastro! L'Italia è un paese distrutto con la Lega al 18%. Sembrava che il problema fossero i fascisti contro gli antifascisti, tra Casapound e Forza Nuova. Abbiamo gli ignoranti, le zappe, i protezionisti un po' fascisti al 18%, dall'altra c'abbiamo al 32% il partito di chi urla, i semplificatori, i banalizzatori. Il 50% degli italiani che hanno completamente perso la testa. Dall'altra parte, non possiamo vedere il mostruoso fallimento di Renzi che ha disintegrato un centrosinistra che aveva i suoi buoni numeri in Italia. Credo che queste elezioni dovrebbero lanciare un messaggio, qualcuno si dovrebbe preoccupare di ricostruire culturalmente questo paese. Si deve ricominciare daccapo, non ci saranno soluzioni a breve ma serve un orizzonte più lungo, da qui a 10-15 anni.
Hanno vinto sostanzialmente i Cinquestelle, sono loro il primo partito. Hai intenzione di riposizionarti in merito a uno dei tuoi monologhi più famosi?
(ride, ndr) L'anno scorso facendo un programma su Rai2 (Sbandati, ndr) ho capito che la televisione non mi interessa e non mi piace. Quindi, non solo non ho nessuna intenzione di riposizionarmi ma proprio non me ne frega niente. La tv un tempo era tutto, adesso è una cosa che non guarda più nessuno se non i vecchi rincoglioni da cinquant'anni in su. Non incide sul reale, nessuno viene a vedermi perché m'ha visto in tv. Continuerò a mirare a tutti, come sempre, specialmente sui Cinquestelle per la cosa incredibile che ha fatto Grillo, portando le persone a credere che siamo meglio, che dobbiamo andare contro tutto. Come dico nel monologo, tra 20-30 anni i sociologi studieranno il fenomeno e saranno veramente impietosi.
“Se vogliamo sperare che nei prossimi 50 anni nel mondo occidentale diminuiscano le molestie nei confronti delle donne, l’unica cosa da fare è preoccuparsi di educare alle relazioni e all’affettività”. Questo, in sintesi, è stato quello che hai scritto a proposito dello scandalo sulle molestie.
Vedere che lo scandalo molestie nasca nel mondo del cinema e del teatro, la trovo una cosa veramente particolare. Ho visto donne e uomini andare a letto con chiunque, pur di avere una parte a rimborso spese a teatro e vedere che adesso questo mondo sembra fatto di povere vittime prede di uomini spietati mi fa ridere. Andiamo a vedere nei lavori semplici, quante cameriere subiscono abusi dei datori di lavoro, quante segretarie, c'è un livello di molestie sulle donne pauroso. Con questa polemica, tutto è stato banalizzato. Tutto questo non credo produca maggiore consapevolezza nelle persone. Bisogna mettersi in cerchio, fare gruppo, educare gli uomini all'affettività, a come ci si comporta e invece è diventata la classica cosa da hashtag, dove un giorno sono le molestie, un giorno sono altre tragedie ma credo che non incida in alcun modo sulla società.
A che punto è la stand-up comedy in Italia?
Molto buono. C'è un grande fermento culturale, pieno di ragazzi di 18-20 anni che si approcciano a questo tipo di lavoro che ha mille forme. Il cabaret, dopo 20 anni di Zelig, Colorado, Made in Sud, è stato ridotto al cretino con la parrucca che sale su un palco. Adesso, c'è tutta una generazione che si confrontano con un mestiere. Vuoi essere libero di dire tutto quello che ti pare? Abituati davanti a un pubblico, vedi se sei capace, vedi se sai far ridere. Penso che da qui a 10 anni, tutta la generazione under 30 che non guarda la tv, che sta sui social e che guarda Netflix, produrrà una serie di contenuti interessanti che sarà in grado di raccontare la realtà e portare la comicità fuori dai soliti brutti stereotipi del romano che è cafone, del napoletano che ruba, del milanese che corre e che abbiamo sentito per venti anni solo in Italia.