Fausto Brizzi nella prima intervista tv: “Ho capito chi è fondamentale, il lavoro mi ha curato”
Dopo essere stato scagionato dalle accuse di molestie che gli sono piovute addosso in concomitanza a un’inchiesta de Le Iene, Fausto Brizzi è pronto a riabilitare pubblicamente la sua immagine. Il regista sarà ospite di Silvia Toffanin nella puntata di Verissimo del 23 febbraio 2019. Per la prima volta in tv, ospite del salotto di Canale5, il regista affronterà questa intricata vicenda dal suo punto di vista. È un’intervista difficile, cui Brizzi, però, non si è sottratto. Questa vicenda, in fondo, gli avrebbe insegnato a guardare alle cose da più di una prospettiva: “Bisogna sempre e comunque mantenere l’ironia perché ti salva. Ma alla fine un calcio nel posteriore aiuta a resettare la propria vita in meglio, a guardare meno volte il telefonino e a fare in modo che le persone a cui vuoi bene, stiano bene”.
Le terapia dell’affetto
Brizzi racconta di essere riuscito a rimanere a galla grazie agli amici e al suo lavoro. A stargli vicino, tra gli altri, Paolo Ruffini, più una serie di altre persone che non hanno mai dubitato della sua innocenza: “È stato un anno complicato, in cui il mio obiettivo era trovare l’umore giusto per scrivere un film divertente e “Modalità aereo” lo era. Quando Paolo Ruffini me l’ha portato ho capito che era terapeutico: era la risposta pop a tutto quello che mi stava succedendo. E il lavoro è stato una cura. La vera terapia di quest’anno è stata circondarmi di persone che mi volessero bene. Questa cosa mi ha permesso di passare da duemila a cento numeri sulla rubrica del cellulare. Improvvisamente capsici chi sono le persone superflue e quelle fondamentali. È stato un periodo un po’ rocambolesco in cui sfuggivo ai giornalisti e in cui molte persone, che pensavo semplici conoscenti, invece mi hanno dato le chiavi della loro casa in caso di emergenza. Giravo con le chiavi di una quindicina di abitazioni sparse in tutta Italia anche perché i miei amici mi volevano vedere in casa”.
La resilienza insegnata da Paolo Ruffini
Ruffini avrebbe tentato di insegnargli il concetto di resilienza, un’ancora alla quale aggrapparsi e dalla quale ripartire con uno spirito diverso: “Paolo l’anno scorso ha realizzato un documentario bellissimo sulla Resilienza, che io quest’anno ho imparato. Significa fare in modo che un evento negativo possa diventare positivo. Non bisogna scoraggiarsi davanti a una difficoltà apparentemente insormontabile perché la puoi fronteggiare, aggirare e trasformare in qualcosa di buono. Il percorso è complicatissimo e il documentario di Paolo parla proprio di questo atteggiamento. È stata una delle persone che più mi è stata vicina in quest’ ultimo periodo, con mia madre, Claudia, gli amici e la mia bimba di tre anni”. Infine, Brizzi, a partire dal suo caso, analizza la situazione in Italia, paese cui basterebbe anche solo un’accusa per formulare una condanna certa:
Questo è un malessere diffuso nel nostro Paese per cui sembra che la gente non voglia vincere qualcosa o avere una fortuna, ma vedere una sfortuna degli altri. Basta leggere i giornali per vedere che sono solo le notizie tragiche che ci interessano: quelle buone sono relegate in un trafiletto. Se una persona viene accusata di una cosa gli viene data una certa rilevanza, se poi la persona viene assolta gliene viene data un’altra.