Europei, capiRai che c’è di peggio
A conti fatti, dopo circa dieci giorni di Euro 2012, il lavoro della Rai non pare così deprecabile. Si pesino bene queste parole. Esiste un senso profondo a motivare questo giudizio apparentemente assurdo, un senso che muove i suoi primi passi dalla disparità di giudizio con cui la Rai tutta venga giudicata dai contemporanei rispetto a concorrenti più in voga come Sky o, in parte, Mediaset. La disparità, in tal caso, è l'anima del commercio. Per cui si fa a gara a chi formuli la presa in giro più arguta e graffiante per i telecronisti Rai, per la loro sterilità emotiva e, inspiegabilmente, per un uso sì arcaico, ma più che corretto, della lingua italiana (tutte cose che, fatte in un'altra azienda, con un marchio diverso, sortirebbero un effetto differente, magari positivo). Ci sono gli estremi per dire che la cosiddetta carta stampata, specie tramite i social network, abbia dato sfogo ad una ventata di sano populismo nella lotta contro l'operato Rai agli europei.
Allora bisognerebbe fare delle precisazioni. E' lampante, ad esempio, che la redazione sportiva della Rai sia aziendalista in maniera pronunciata, che dia l'impressione di approcciare ai propri progetti come fosse un dovere farlo, senza alcuno stimolo professionale. E' un'impressione netta, derivante dall'immobilismo interno, da una classe giornalistica nella quale non sembra esserci mai ricambio. E' questo il fulcro dell'avversione giovanile all'azienda pubblica e tutto ciò che ad essa faccia riferimento. La Rai, nella sua involuzione perenne (forse è sempre stata così ma fa comodo dire il contrario?), è strumento principe della gerontocrazia italiana, ha contribuito a rovinare, e continuerà a farlo andando avanti così, qualche generazione in maniera irreversibile. E' rimasta vetusta e a criticarla amaramente sono per lo più esponenti di queste generazioni. Tutti motivi sacrosanti e in sostanza veri.
Ma esiste un Ma. E cioè che il partito preso resta un malcostume e che, nel caso specifico, RaiSport ha luci e ombre, tutte mischiate in un unico calderone grigio e cupo, quindi indistinguibili, aggettivo facilmente fraintendibile con "uguali". E però sono due cose diverse. Vale la pena dire che ad Euro 2012 ci sono ottimi telecronisti come Stefano Bizzotto e lo stesso Bruno Gentili che, per quanto bistrattato perché incapace ad aizzare le folle, sa cosa sia il calcio oltre la sua definizione da dizionario ed è alla continua ricerca di un'apprezzabile discrezione, senza eccessi. E' necessario menzionare Alessandro Antinelli, molto preparato e non facile a resoconti dozzinali dal ritiro nazionale (e non è poco); e un gagliardetto andrebbe anche a tutti quelli che cercano di stare dietro a Gene Gnocchi nella sua, si spera momentanea, crisi d'ispirazione: a Notti europee, Andrea Fusco, a momenti, pur di tenergli testa, quasi fa più ridere di lui. Chapeau.
E poi le zone d'ombra. Obbligatorio ammonire i commenti tecnici, tutti. Vincenzo D'amico per la sua capacità di sembrare tediato ogni qualvolta appaia in Tv e per l'ammirevole dote di vedere l'assoluto contrario di quello che stia accadendo in campo (non so voi, ma io che Welbeck dell'Inghilterra fosse assolutamente conscio del gol di tacco contro la Svezia prima di farlo, come ha sentenziato D'amico, non ci credo tanto). E pure Beppe Dossena, ostinatamente alla ricerca, con la lente di ingrandimento, dei pregi della nazionale italiana. Non è che se uno ha fatto parte del mondo del calcio debba saperne parlare bene, anzi, c'è alto rischio, pescando in quel campo, di ritrovarsi nel secchio elementi che dicano cose molto più insulse della media nazionale.
Visti i pro e i contro, seppure il piatto penda per i secondi, ecco motivato il giudizio iniziale sull'operato di RaiSport. Che si sia in accordo o meno, visto che gli europei li stanno guardando in molti, non sarebbe meglio provare a fare delle distinzioni?