Don Matteo 13 si farà? Nino Frassica: “Non è un addio, sarebbe un peccato deludere gli spettatori”
Giovedì 19 marzo, Rai1 trasmetterà il gran finale di ‘Don Matteo 12‘. La serie televisiva con Terence Hill e Nino Frassica è stata accolta da ottimi ascolti, riconfermandosi leader della prima serata. Fanpage.it ne ha parlato con l'attore che interpreta il frizzante maresciallo Cecchini. Nino Frassica, che quest'anno festeggia 50 anni di carriera, ha parlato della fiction e dell'ipotesi che si faccia la tredicesima stagione. Inoltre, ha ripercorso le tappe salienti della sua brillante carriera e ha confidato come sta trascorrendo questi giorni in cui l'Italia è afflitta dall'emergenza Coronavirus.
Partiamo dal principio. Nella dodicesima stagione di ‘Don Matteo', ha cambiato "partner televisiva". Come ha accolto la notizia che Caterina Sylos Labini (attrice che interpreta la moglie di Cecchini, Caterina) non ci sarebbe stata?
Lo sapevo già da un po'. Sono idee degli autori, che immaginano una realtà. Purtroppo la vedovanza è qualcosa che succede. Hanno immaginato questa relazione tra Nino e la madre della Capitana per intrecciare un po' le cose.
Gli spettatori, però, non hanno accolto bene l'idea di far morire Caterina.
Dopo ogni cambiamento c'è la delusione di coloro che si sono affezionati a una realtà precisa. Poi, però, gli spettatori capiscono che le cose cambiano. È morta anche la figlia di Nino, basta che non muoio io (ride, ndr).
Tramite Nino Cecchini si è trovato a interpretare sia scene estremamente comiche, che scene drammatiche.
Sì, è come nella vita. Un momento ridiamo, un momento piangiamo. Per questo ‘Don Matteo' ha successo. La gente si immedesima. Soffre e si diverte con noi.
C'è una scena di questa stagione che per lei è stata più difficile da girare?
Tutte le scene drammatiche. Se soffre il personaggio, soffro anch'io. Quando c'è la lacrimuccia di Nino, è vera. Ci credo, entro nel personaggio. Quei minuti sono una sofferenza. Quando poi c'è lo stop, si ferma tutto e si riprende a ridere.
In questi anni ha affiancato Flavio Insinna, poi Simone Montedoro e Maria Chiara Giannetta. Con chi di loro c'è stata più sintonia?
Subito con Flavio Insinna. I personaggi in fondo sono nati nelle prime stagioni. Mi sono trovato bene sia con Flavio Insinna che con Simone Montedoro. Essendo maschi, eravamo più goliardici. All'arrivo della Capitana è cambiato un po' l'atteggiamento. Con lei sono diventato un amico o quasi un padre.
Nino Cecchini si concede lunghe partite a scacchi con Don Matteo. So che lei e Terence Hill siete amici anche fuori dal set. Vi capita mai di chiacchierare davanti alla scacchiera come i vostri personaggi?
Io non so giocare. Nella fiction recito. Terence sul set mi dice: "Fai questa mossa" e poi perdo. Non so proprio giocare. Lui sì. Anche il nostro attrezzista, che è esperto, mi dice: "Fai questo, questo e questo".
Stasera andrà in onda il gran finale della dodicesima stagione. È un addio o un arrivederci?
No, no, non è un addio. La vita continua, non può finire. Per adesso c'è la paura che sia l'ultima stagione, ma noi tutto sommato lo sappiamo che continua. È la gente che ce lo chiede, non farla sarebbe un peccato. Ormai abbiamo gli abbonati, non possiamo deluderli.
Su di lei circola una sorta di leggenda metropolitana, si dice che prima di iniziare una carriera nel mondo dello spettacolo facesse il carabiniere.
No, non è vero. Flavio Insinna avrebbe dovuto fare il carabiniere. Poi non l'ha fatto per fare l'attore.
Quest'anno festeggia 50 anni di carriera…
Con dei buchi eh. All'inizio è stata bella tosta. Ho iniziato nel '70 ma ho avuto successo nel 1985. Quindici anni di fatica. La matematica dice cinquant'anni, ma ci sarà qualche errore perché non mi trovo con la mia data di nascita. Mi sono ribellato, ma niente. Dicono cinquanta (ride, ndr).
La svolta è arrivata quando ha deciso di mandare un messaggio in segreteria a Renzo Arbore. Cosa gli ha detto per convincerlo a richiamare?
Erano una serie di messaggi divertenti, senza lasciare il mio numero. Non gli ho mai chiesto: "Mi fai lavorare?". Non ero uno stalker. Ero un matto che gli lasciava messaggi e lo faceva ridere. Tant'è vero che poi mi ha chiamato. Lui amava la comicità surreale e io facevo quel tipo di comicità. Si è informato su di me, mi ha chiamato e da lì è iniziata l'amicizia, la stima…
E la collaborazione nel programma ‘Indietro tutta', dove facevate satira sulla televisione che negli anni '80 iniziava a prendere una piega più commerciale.
Sì, partivamo dal quiz ma sotto sotto prendevamo in giro un po' tutta la televisione. Renzo Arbore si rivolgeva anche ai politici e prendeva in giro i luoghi comuni.
All'epoca di ‘Indietro tutta' ci furono persone che andarono a cercare nei supermercati il Cacao Meravigliao, finto sponsor della trasmissione.
Era la dimostrazione della forza della televisione. Dici una cosa e tutti ci credono, nonostante si capisse che lo sponsor era finto. Abbiamo dimostrato l'importanza della pubblicità. Se sai il nome di un prodotto, te lo compri: ho sentito nominare il Cacao Meravigliao in televisione e lo voglio.
Come sarebbe il format di ‘Indietro tutta' nel 2020?
Prenderebbe in giro i talk, i reality e ancora i quiz, visto che qualcuno è rimasto. Quello che ci passa davanti agli occhi.
Al di là della piccola parentesi del 2017 con ‘Indietro tutta, 30 e lode', ritiene che questo programma possa tornare in tv?
Non credo. L'abbiamo fatto solo in occasione dei trent'anni.
In questi 50 anni di carriera, c'è qualcosa che preferirebbe non aver fatto?
Ma no, alla fine sono solo canzonette. Se fossi un chirurgo, potrei dire: "Caspita, quello l'ho ammazzato". I miei, invece, sono piccoli peccati. Magari ho fatto qualche film stupido o qualche programma scemo, ma non è così grave. Errori del genere non fanno danno. A saperlo prima, però, avrei fatto solo i programmi e i film di successo (ride, ndr). Comunque in ogni cosa che ho fatto c'era da imparare.
Ricordo una polemica legata a uno spot che lei fece nel 2015 per il Ministero della Salute. Fece discutere lo slogan ‘Chi fuma è scemo'.
Lo rifarei. Io penso che chi fuma sia scemo perché fa male. Ma sia chiaro, non è che spenta la sigaretta continua a essere scemo. È scemo solo mentre fuma. Non è uno scemo definitivo, quello no. Chi fuma, mentre fuma, è scemo. Forse andava spiegato così.
Comunque ha colpito nel segno, lo spot non è passato inosservato.
L'aggettivo che dà più fastidio è scemo. Se dici "cattivo" può anche avere il suo fascino. Scemo non ce l'ha. Lo spot mirava a influenzare chi ancora non fuma, chi sta per cominciare. Ricordo che da ragazzo quando giocavo e mi dicevano "scemo" ci restavo male, "cattivo" quasi quasi mi piaceva.
Nel corso della sua lunga carriera ha anche partecipato al Festival di Sanremo come ospite. Ci tornerebbe come conduttore?
Non sono giusto per condurlo. La parte istituzionale del Festival non posso farla io. Io scherzo, prendo in giro, sfotto. Chi tiene le redini? Accanto a un conduttore sì, potrei farlo benissimo. Con chi lo condurrei? Non saprei. Basta fare amicizia e si crea il clima giusto.
Fa la radio, la fiction e ha fatto anche il varietà. Per completare, parteciperebbe a un reality come il Grande Fratello?
No. Lo farei solo se potessi scegliere con chi stare. Metterei nella casa persone interessanti. Ecco, un Grande Fratello pieno di persone creative lo farei.
Cosa ne è stato della fiction ‘Fratelli Caputo'?
Andrà in onda su Canale5. Con tutti i cambiamenti che ci sono stati, è slittata a data da destinarsi. La messa in onda era prevista per il venerdì, poi in quel giorno è stato spostato il Grande Fratello. Vedremo cosa accadrà con la chiusura anticipata.
L'Italia sta affrontando l'emergenza Coronavirus. Come sta trascorrendo questi giorni di isolamento?
Sto davanti al computer, guardo la televisione, scrivo tanto, inclusi i pezzi per Fazio. E poi dormo perché nel 2019 ho dormito poco, è stato un anno di grandi levatacce.
Ha già pensato a quale sarà la prima cosa che farà quando finirà questa emergenza?
Probabilmente mi metterò a fare teatro. A furia di stare a casa e non vedere nessuno, mi è venuta voglia di incontrare tanta gente. In teatro puoi incontrare le persone, farle ridere.
Un'ultima cosa. Si dice spesso che i comici nel privato siano persone malinconiche. Si ritrova?
Certo, quando torno a casa ho una stanzetta per piangere. Finisco lo spettacolo, piango e poi riparto (ride, ndr).