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Di padre in figlia, un inno alle donne emancipate che con coraggio riscrivono il proprio destino

Con la fiction ‘Di padre in figlia’, la Rai ha affrontato il tema dell’emancipazione femminile e della fine del patriarcato in Italia. Lo ha fatto tracciando i ritratti delle sorelle Franza, donne ignorate, sminuite e a stento tollerate dal capofamiglia Giovanni. Quelle ‘femmine storte’, come le definisce il padre, però si ribellano al destino che è stato già scritto per loro. Si rifiutano di essere muti e ubbidienti angeli del focolare e con coraggio, sacrifici e rinunce, tracciano una strada nuova, lastricata di indipendenza.
A cura di Daniela Seclì
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Stasera, martedì 2 maggio, è stata trasmessa la quarta e ultima puntata della fiction ‘Di padre in figlia’. Ambientata a Bassano del Grappa, la miniserie ha narrato la storia della famiglia Franza, in un arco temporale che va dal 1958 al 1985. Sullo sfondo del patriarcato incarnato dall'imprenditore Giovanni Franza (Alessio Boni), si stagliano i tentativi di emancipazione delle donne di casa, che si ribellano all’immagine unidimensionale dell’angelo del focolare, entro i cui confini la cultura dell’epoca intendeva rinchiuderle.

Franca (Stefania Rocca), moglie di Giovanni, e le figlie Maria Teresa (Cristiana Capotondi), Elena (Matilde Gioli) e Sofia (Demetra Bellina), sono donne ignorate, sminuite e tollerate nell’attesa della benedizione di un figlio maschio. Il loro destino appare già scritto, ma Maria Teresa si ribella. Vuole studiare e decide di farlo nonostante il padre si opponga. Tassello dopo tassello, costruisce un futuro nuovo per sé. Seppure ostacolata da Giovanni, dà il via a un’emancipazione intrisa di coraggio, sacrifici e rinunce. Abbandona la via apparentemente più semplice o quantomeno più ‘socialmente approvata’, per tracciarne una più tortuosa ma che il padre non può demolire con la sua freddezza, né sminuire con i suoi giudizi. Una volta laureatasi in chimica, il padre accoglie la notizia senza mascherare la sua incredulità: “Non avrei mai creduto che ce l’avresti fatta” esclama e le offre un impiego da segretaria. Nonostante l'importante traguardo raggiunto, ai suoi occhi è sempre e solo una donna e in quanto tale, un’incapace. Perciò, Maria Teresa – che ha ormai imparato a fare a meno di lui – sceglie di proseguire il suo percorso da sola.

Come Maria Teresa, anche Pina Zanchetti prende in mano la sua vita e crea con impegno, un destino diverso da quello che sembra già tracciato. Mette a frutto la sua passione per gli abiti e quella per la mitologia greca. Partecipa a Rischiatutto vincendo una considerevole somma di denaro. Quindi, torna in paese acclamata dal sindaco e dagli abitanti. Ha mutato la sua sorte. Non è più la prostituta additata con disgusto dalle donne del paese.

Così, la fiction ‘Di padre in figlia' diventa un inno alle donne che non si arrendono, che non si lasciano scoraggiare dal contesto in cui sono nate, che si ribellano, che comprendono di poter fare affidamento solo sulla loro determinazione e non ne hanno paura. Donne che non accettano che siano gli uomini a definire il loro valore. Si rimboccano le maniche, prendono atto della situazione iniziale e pianificano un modo per cambiare il destino e creare una nuova vita.

“Sono nate tutte storte queste femmine”

Con questa frase pronunciata con amarezza e delusione, Giovanni parla a Don Giulio, di quelle figlie sfuggite al suo controllo. Non sono le ragazze ubbidienti, remissive e prive di aspirazioni, che si aspettava. Sono donne storte, che vanno raddrizzate, piegate alle regole e uniformate al ruolo che le convenzioni hanno scelto per loro. Sofia, in un primo momento, rappresenta la donna che non ce la fa a ridisegnare il suo destino. Lascia la casa dei genitori ma finisce a vagabondare in cerca di droga. Saranno la madre Franca e le sorelle Elena e Maria Teresa a salvarla, sostenendola, permettendole di intraprendere il viaggio che tanto desiderava fare, dandole il valore che il padre non le ha mai riconosciuto e coinvolgendola nella gestione della distilleria di famiglia.

Un ritratto desolante dell'universo maschile

La fiction ‘Di padre in figlia’ nasce con l’intento di esporre il tema dell’emancipazione, in un periodo in cui in Italia era concesso ben poco spazio alle donne. In quest’ottica, non sorprende che i personaggi maschili non risultino particolarmente edificanti. Il loro ruolo è quello di rappresentare gli ostacoli alla libera espressione del femminile. Giovanni è un prevaricatore che resta da solo con la sua malinconia, Filippo si ubriaca per far fronte alle sue fragilità, Riccardo elemosina l’amore di Elena e sposa Laura, prima di rendersi conto di essere innamorato di Maria Teresa. E poi c'è Antonio, il tanto desiderato figlio maschio. Incapace di essere all’altezza delle aspettative del padre, finisce in un vortice di alcol e droga, fino a suicidarsi. Questo ritratto desolante dell’universo maschile, che si redime appena nell'ultima puntata, ha suscitato alcune polemiche soprattutto tra alcuni bassanesi. Gli ascolti record registrati dalla fiction e la richiesta costante di una seconda stagione, però, evidenziano un gradimento nettamente superiore al disappunto.

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