Dalila Di Lazzaro: “Non posso adottare un bambino perché single, l’Italia è retrograda”
Nella puntata di oggi, 8 novembre, a "Domenica Live" è intervenuta come ospite Dalila Di Lazzaro, attrice e icona sensuale del cinema anni 70 e 80, recentemente alle prese con un grande dramma personale. A 62 anni (peraltro splendidamente portati: la star è ancora bellissima), la Di Lazzaro ha provato ad avere un figlio. Purtroppo, però, la gravidanza si è interrotta con un aborto spontaneo. Un momento dolorosissimo, cui è seguita la rottura con il suo ultimo compagno, come raccontato da un video trasmesso da Barbara D'Urso. Da qui, la decisione di adottare un bambino, resa tuttavia impossibile dalla legislazione italiana. Ad oggi non è permessa l'adozione a un aspirante genitore che non abbia un partner. Dal salotto di Canale 5, Dalila ha perciò rivolto un disperato appello:
I bambini sono di chi li ama. Io li amo molto, passo pomeriggi con i figli dei miei amici e trovo una purezza assoluta, in questo momento intimo con una creatura.
Perché, si chiedono la Di Lazzaro e la D'Urso, non aprire l'adozione anche ai single, considerato l'enorme numero di bambini che vivono situazioni estreme?
Ho visto situazioni indescrivibili, ci sono drammi negli orfanotrofi, in Afghanistan, in India, in Brasile.
Il giudizio di Dalila sulle leggi in corso è implacabile: "L'Italia è retrograda".
Nel 1991 la morte del figlio: "Una cosa devastante, che ti buca le ossa"
Come molti sanno, il desiderio di maternità dell'attrice è dovuto anche all'enorme tragedia che la colpì nel 1991, quando perse il figlio Christian, a soli 22 anni, per un incidente stradale. Eppure, da quell'enorme dolore, Dalila è riuscita in qualche modo a ripartire:
Io dico che quando succedono cose che ti segnano nella vita, bisogna avere la forza di rialzarsi e dare un senso a tutto, altrimenti non riesci più a venirne a capo. È qualcosa che ti devasta, ti buca le ossa. A tutte le persone che vivono momenti difficili, bisogna ricordare quanto è importante la vita. Ho visto cose negli ospedali che mi fanno dire ogni giorno: "quanto sono fortunata".