Il racconto della crisi di governo nelle mani di Barbara d’Urso
La drammatica giornata appena trascorsa, tra le più febbrili della storia recente della Repubblica si può sintetizzare in due fermo immagine, quelli di Barbara d'Urso che intervista, in sequenza, Luigi Di Maio prima e Matteo Salvini poi. Hanno scelto gli studi di Pomeriggio 5, i leader delle principali forze politiche del paese, per esprimere la propria rabbia nei confronti di Sergio Mattarella, sponsorizzare l'incipit della campagna elettorale che sarà e rinvigorire il moto di protesta popolare contro la prima carica dello Stato.
Ha bruciato tutti la D'Urso, arrivando sui due leader di partito prima di Enrico Mentana, Bruno Vespa, Nicola Porro, Bianca Berlinguer e Lilli Gruber, mettendo a segno un colpo televisivo importante con un adattamento improvvisato del format del pomeriggio, solitamente diviso tra Grande Fratello e singolari esempi di chirurgia plastica estrema. Momento topico quello in cui Salvini ha espresso dispiacere per la mancata formazione del governo M5s-Lega e la conduttrice ha risposto "non dirlo a noi", per poi scusarsi e precisare che faceva riferimento a un governo in generale, non a quello nello specifico.
La pancia del paese
Inutile discutere sull'annoso tema dell'opportunità di affidare a Barbara d'Urso, che fa (benissimo) un altro mestiere, la conduzione di interviste con esponenti politici di spicco, soprattutto in momenti così sensibili. La circostanza pare, ormai, definitivamente sdoganata, ma sarebbe opportuno farsi una domanda sul perché i principali esponenti politici del paese scelgano questi faccia a faccia fatti di domande-assist, senza contraddittorio alcuno, parlando ad un pubblico ultra-generalista, preparato a intrattenimento e gossip. In fondo si tratta di una domanda che si dà da sola una risposta.
Rai colta impreparata
Una cosa è certa, ad uscire malconcia dal racconto di una giornata che ricorderemo a lungo, è la Rai. L'azienda di servizio pubblico, nelle ore più calde in cui Conte rinunciava all'incarico e la chiamata al Colle di Carlo Cottarelli produceva una enorme e insanabile spaccatura tra le forze politiche di maggioranza e la prima carica dello Stato, si è fatta trovare clamorosamente impreparata, lasciando al solo Fazio l'onere di improvvisare due interviste telefoniche a sorpresa con Di Maio prima e (in odore di par condicio) con Maurizio Martina poi. Lo stesso consigliere d'amministrazione Rai Carlo Freccero ha criticato l'azienda per non aver deciso un'edizione straordinaria per seguire gli eventi sulla prima rete. Un errore reiterato nella mattinata del 28 maggio, di fatto a reti unificate, quando alle 11 del mattino del 28 maggio, nei momenti di maggior criticità, uno zapping televisivo ci metteva di fronta a questo spettacolo surreale: ricette su come cucinare le melanzane su Rai 1, Giò Di Tonno che canta "Love in Portofino" di Buscaglione a I Fatti Vostri e i consigli per la salute su Rai 3, ai quali è poi seguito il solo approfondimento tra le generaliste Rai. Una sintesi parziale, certo, che tuttavia non può lasciare indifferenti, soprattutto perché la televisione di Stato dovrebbe mostrarsi pronta a momenti come questo.
La 7 si fa servizio pubblico
Oltre alle maratone di Mentana, la rete generalista che si è mostrata più pronta al racconto della telenovela istituzionale è certamente La7. Da ore la rete di Cairo racconta ininterrottamente i principali sviluppi della crisi di governo, in una sorta di diretta fiume fatta di equilibrio e prontezza tra "L'Aria che Tira" di Myrta Merlino, le principali edizioni del telegiornale, Tagadà di Tiziana Panella e gli altri programmi di approfondimento della rete. Senza dimenticare che proprio domenica sera Massimo Giletti con Non è l'Arena ha ottenuto il migliore risultato di ascolti stagionale, riuscendo addirittura a superare, in sovrapposizione, il programma di Fabio Fazio. Costanza premiata dai numeri, per una rete televisiva che cerca con insistenza il riconoscimento ideale (e non solo quello) di vero servizio pubblico televisivo.