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Condannata la Perego per diffamazione: chiamò “bastardi” 5 indagati di omicidio

La Cassazione obbliga la conduttrice a risarcire cinque uomini accusati dell’omicidio di un bambino e poi scagionati, per aver pronunciato nei loro confronti parole “gravemente infamanti”. L’episodio accadde in una puntata di ‘Verissimo’ del 2006.
A cura di Valeria Morini
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Brutte notizie per Paola Perego. La conduttrice è stata condannata per diffamazione nei confronti di cinque persone indagate per l'omicidio del tredicenne Francesco Ferreri, commesso nel dicembre 2005. All'interno della puntata di "Verissimo" del 16 maggio 2006 dedicata al tragico fatto, la Perego apostrofò i cinque come "bastardi". Successivamente, gli accusati in questione sono stati prosciolti per non aver commesso il fatto. Il processo ai danni della Perego è arrivato all'ultimo grado di giudizio e la Cassazione si è espressa per la condanna definitiva, con conseguente risarcimento nei confronti dei diffamati.

Insieme alla conduttrice, è stato condannato anche il giornalista che effettuò il servizio per "Verissimo", che chiamò gli indagati "assassini" nonostante fosse appena stato effettuato l'arresto e non fosse ancora stata pronunciata alcuna condanna. Secondo la sentenza 4158, Paola Perego e il collega hanno pertanto superato "il limite della continenza" pronunciando parole "gravemente infamanti e inutilmente umilianti" con "una mera aggressione verbale" , al di là del diritto di cronaca.

La Cassazione continua:

La circostanza che nei confronti della persona sottoposta ad indagini sia stata specificamente emessa una ordinanza custodiale, senz'altro non attenua la cautela che deve essere osservata nella propagazione della notizia, pur sempre trattandosi di uno sviluppo delle indagini preliminari che va monitorato e verificato nel tempo, senza ingenerare nell'ascoltatore il convincimento della colpevolezza dell'indagato.

Affermando che la Perego era "consapevole" che l'espressione da lei usata fosse infamante, i magistrati hanno precisato:

Non è consentito rappresentare la vicenda in termini diversi da ciò che è realmente, ossia un mero progetto di accusa attorno ad ipotesi di illecito e di penale responsabilità, che resta però da verificare.

Dopo il proscioglimento dei cinque indagati, peraltro, il delitto rimane tuttora senza colpevoli.

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