Centovetrine non chiude, salvi 300 posti di lavoro
Un sospiro di sollievo per i lavoratori della soap opera Centovetrine e per il pubblico appassionato da oltre 10 anni alle vicende dei protagonisti. Il rischio di chiusura è scongiurato da una buona notizia che si è diffusa nel giro di poco.
I vertici Mediaset fanno sapere che le riprese non verranno sospese, e la soap non è più sull’orlo della chiusura, una decisione del Biscione in collaborazione con la società Mediavivere di San Giusto Canavese con cui sembra ristabilita una nuova intesa, salda e compatta.
Un’inversione di rotta che servirà a placare la rabbia dei 300 lavoratori impegnati sul set torinese e che continuerà a soddisfare le preferenze dei telespettatori, che da anni fanno registrare il picco in termini di ascolti tv alla serie fortunata.
La decisione di rimanere in onda arriva direttamente da una nota delle alte sfere Mediaset, firmata da Pier Silvio Berlusconi:
L'azienda ha deciso di affrontare lo sforzo necessario per continuare a sostenere un prodotto di qualità che il pubblico dimostra ogni giorno di gradire. La scelta non si è basata solo su fredde logiche economiche che avrebbero sconsigliato a qualsiasi azienda tv la prosecuzione dell'impegno. Ma grazie anche alla consapevolezza dimostrata da staff artistici, staff tecnici e maestranze impegnate nella serie, si sono perlomeno avvicinate le condizioni minime necessarie per assicurare la continuità a una fabbrica creativa cruciale per un intero distretto industriale italiano. Il che significa, in pratica, la conferma di centinaia di posti di lavoro.
Una buona notizia per la soap che raggiunge più consensi della storica Beautiful nelle case degli italiani. Intanto resta confermata la buona notizia della prima serata dal 22 gennaio per tre serate.
In questo modo Centovetrine riparte con il piede giusto, provando ad ampliare la fascia di pubblico, e perché no, pensare a una collocazione di palinsesto rinnovata. Il prodotto di qualità tutto italiano è stato premiato, malgrado dovrà continuare a fronteggiare costi non proprio alla portata della crisi che sta investendo tutta l’industria dei media.