Caterina Vertova a Un posto al sole: sarà Veronica, la “cattiva” che si metterà tra Roberto e Marina
Sono trascorsi 7 anni dal momento in cui Caterina Vertova ha detto addio alla soap opera Centovetrine, anni in cui l’attrice è rimasta in scena, dedicandosi a progetti differenti e al teatro, tantissimo teatro. Adeso è pronta a tornare di fronte alla macchina da presa, a ripetere quella full immersion di televisione i cui rigidi ritmi la costrinsero ad abbandonare il colpo in passato. A breve Caterina diventerà Veronica, nuova “cattiva” della soap opera napoletana Un posto al sole. A Vanity Fair ha raccontato il suo personaggio di donna forte e pragmatica che “entrerà prepotentemente” nel rapporto già fragile di Roberto Ferri e Marina Giordano perché “viene da fuori, non ha niente da perdere e niente da guadagnare”. Ma chi è Veronica?
Mi è simpatica perché, oltre a essere la classica donna manager che si è fatta da sola, è anche molto dentro le cose. Queste dark lady sono un po’ fuori dal tempo e dallo spazio, mentre Veronica è assolutamente pragmatica. Che abbia o meno una connotazione umana lo scoprirò solo col tempo, ma mi piace che sia una donna forte: ha dovuto prendere in mano le redini di un’azienda che andava male e l’ha rimessa in piedi al meglio che poteva. È una donna di questi tempi.
Quando la Vertova lasciò Centovetrine
La Vertova ha già partecipato a una soap opera. Nel 2008 entrò a far parte del cast fisso di Centovetrine nel ruolo di Rossana Grimani, lo stesso che avrebbe lasciato due anni più tardi, sfinita dai ritmi che un prodotto di questo tipo impone ai suoi attori: “Non ce la facevo più, la continuità quotidiana alla fine stanca. Al tempo molte attrici del cinema dicevano che ‘la fiction la fanno tutti’, ma non sanno quanto la televisione sia utile per allenarti. Provate voi a girare dodici scene in una giornata”. Adesso alla soap ci è tornata, ma non sarebbe la stessa cosa:
Sento Un Posto al Sole non vincolante come Centovetrine. Sarà che ci sono tante guest che vanno e che vengono: è una peculiarità che mi affascina.
La gioia di vivere a Napoli
A spingerla verso UPAS, tra le altre cose, è stata la possibilità di vivere a Napoli, città della quale subisce l’indiscutibile fascino malinconico: “Sono stati loro a chiamarmi. Non avevo puntato ancora niente, ma già alla prima telefonata avevo una gioia nel cuore. Non tanto per tornare in tv quanto per lavorare a Napoli. È una città che brulica di umanità e che mi commuove tantissimo. Una carezza in questo mondo così asettico e privo degli ideali di un tempo”.
Gli esordi e quell’amica che non l’ha mai perdonata
Iscritta alla facoltà di Medicina, Caterina aveva 20 anni quando fu notata in teatro: “Farei il medico ancora adesso, se potessi. Ho una grande ipersensibilità e sono molto brava nelle cose paramediche. L’esame al Piccolo Teatro di Milano è arrivato per caso: ero andata lì per accompagnare un’amica e, alla fine, presero me e non lei”. Quell’amica non le ha perdonato il successo, come accade soventemente quando le luci della ribalta sfiorano un sognatore, per poi fermarsi altrove: “Con quell’amica è finita. Non me l’ha mai perdonata, ma spero davvero che sia felice”.
Le proposte scomode ricevute
Imprescindibile, in un periodo storico come quello attuale, non chiedere a Caterina se negli anni si sia mai trovate a dover fronteggiare un orco travestito da manager, produttore o regista. Fiera di non essere mai scesa a compromessi, sa bene di avere dovuto affrontare – e rispedire al mittente – un buon numero di proposte indesiderate:
Ho detto no a certe proposte quando ero giovane. Alla fine ti ritrovi che non lavori, che non firmi un contratto, che non hai i soldi per dare da mangiare ai tuoi figli, ma anche chi se ne frega. Si lotta, nella vita. E, soprattutto, mi rendo conto che dire di no a certe situazioni deve essere tosto. Ho fatto una vita molto dura. Mia figlia maggiore mi dice che dovrei scrivere un libro su tutte le ingiustizie che ho subìto, ma è tutto relativo. L’importante è ricordarsi che ognuno ha la sua storia e ognuno reagisce per quello che può e per quello che è. Se mi fossi data più da fare avrei lavorato sicuramente di più, ma va bene così. Se sei il mio regista, sei il mio regista e non mi rompi i coglioni. Se non ti vado bene come attrice, prendi e mi sbatti via. Semplice. Io non accetto un incarico perché c’è sotto qualcosa, mi sentirei a disagio.