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C’è vita oltre Il Trono di Spade

Parte il 17 luglio la settima stagione della serie più premiata, la più vista di sempre, la più apprezzata da pubblico e critica. Eppure c’è chi non ha mai visto un solo episodio di Game of Thrones senza vivere come un dramma questa cosa.
A cura di Andrea Parrella
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Se da settimane scorrere con un dito la home di Facebook si è trasformato in un ardito gioco di slalom tra incomprensibili riferimenti alla saga de Il Trono di Spade (Game of Thrones o GOT per gli amanti di acronimi ed hashtag), questo è il porto sicuro in cui potete sentirvi protetti e non giudicati. Nella notte tra il 16 e il 17 luglio partirà la settima stagione della pluripremiata ed acclamata serie tv prodotta da Hbo, il vero fenomeno di massa prodotto dalla stagione corrente della serialità televisiva.

Nel tentativo perdente in partenza di sintetizzare la serie tv, Il Trono di Spade sembra essere in grado di mescolare sapientemente la lotta di potere delle famiglie che ambiscono alla conquista del potere ad una ambientazione atemporale, del tutto immaginaria, in cui la presenza di animali fantastici e di una discreta quantità di scene erotiche e di violenza, generano un mix esplosivo che ha reso questa serie tv un titolo in grado di farsi spartiacque tra un'era pre e una post GOT.

Eppure esistono i gusti, esiste chi non ama il genere, chi si avvilisce davanti al pensiero di dover recuperare sette stagioni con una maratona Game of Thrones, chi è ostile a quella sorta di comportamento da gregge che risulta incomprensibile agli occhi di chiunque non faccia parte del gregge stesso. Dunque esiste chi non ha visto Il Trono di Spade e non conosce i Lannister, Jon Snow, chi non coglie il senso di un'invocazione dell'inverno quando siamo in pieno luglio. In questi anni sono stati scritti fiumi di parole sulle capacità con cui l'opera di George R. R. Martin riesca a tenere milioni di telspettatori incollati allo schermo, di come riesca a farsi strada, al pari di una droga, nell'organismo di chi ne è appassionato. E trattandosi di un successo planetario tutt'altro che casuale, si è giocato molto anche coi riferimenti letterari, la capacità di saper descrivere gli aspetti più brutali della nostra realtà contemporanea e l'inaspettata attualità dei temi affrontati in questa opera di fantasia.

Ed è incredibile quanto, nonostante tutto ciò, continui a disinteressarmi del Trono di Spade. Non so se, personalmente, l'ostilità a GOT sia diventata una presa di posizione a prescindere, anche un po' sterile vuota di significato. Ma a voler trovare una morale positiva in questa cronica avversità, che potrebbe riguardare Il Trono di Spade così come i Coldplay, oppure i Mondiali di calcio, mi verrebbe da dire che percepirsi estranei ai grandi fenomeni di massa, oltre a conferire a tratti uno strano senso di superomismo, permetta di esaltare la varietà e la diversità delle persone, rafforzi la convinzione che non esiste il pensiero unico e convince che c'è tutto un mondo aldilà di Game of Thrones. Sensazioni appaganti che durano un tempo brevissimo, quello che passa prima di capire che, in realtà, se non amiamo Il Trono di Spade saremo molto probabilmente drogati di Breaking Bad, House of Cards o qualsiasi altro titolo di cui qualche essere umano faticherà a capire il senso.

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