Borsellino sapeva di dover morire, parla Saviano
La teoria secondo cui Borsellino sapeva del suo attentato viene rafforzata dall’intervento di Roberto Saviano a Quello che (non) ho. Il giornalista e scrittore, simbolo della moderna battaglia contro il crimine organizzato, racconta gli ultimi giorni del magistrato ucciso per mano della mafia il 19 luglio del 1992 in occasione di un attentato in cui persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo insieme con Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, tre degli uomini che componevano la sua scorta. Già all’inizio di quest’anno, la teoria secondo cui Borsellino avesse avuto sentore di essere il prossimo obiettivo della mafia, aveva cominciato a farsi strada. L’uomo sapeva che sarebbe morto ma, per evitare che i criminali che l’hanno ucciso prendessero di mira un altro componente della sua famiglia, decise autonomamente di non arricchire la sua scorta, quasi a facilitare il compito dei suoi spietati nemici. Quella decisione, pagata con la vita, viene raccontata oggi da Saviano attraverso le parole del padre confessore del magistrato, quel prete che Borsellino chiamò perché gli concedesse l’assoluzione e ascoltasse i suoi peccati, proprio come se fosse un uomo comune e non l’eroe italiano che la nazione sta ancora celebrando, pur non essendo riuscita a proteggerlo.