Artem Tkachuk, Pino in Mare fuori: “I ragazzi devono imparare a sfruttare al meglio la loro rabbia”
Artem Tkachuk è "Pino o Pazz" nella fiction di Rai2 Mare fuori, ed è proprio il caso di dire che a volte realtà e finzione sono in grado di penetrare totalmente l'una nell'altra. La storia di Pino è quella di un ragazzo che si è sentito schiacciato dalla società e dal luogo in cui è cresciuto, vittima della violenza nonostante una grande bontà nascosta dietro strati di rabbia e rancore. Quella di Artem, 21 anni, nato in Ucraina, ma a tutti gli effetti figlio di Napoli, è invece la storia di un riscatto, di una inredibile forza di volontà e di una grande intuizione quella di non smettere mai di lavorare su se stessi, come ha raccontato in un questa intensa chiacchierata con Fanpage.it.
Come cambia il personaggio di Pino dalla prima stagione?
C’è un cambiamento totale, ma non dimentica mai il suo istinto violento. Dentro di sé, continuerà a portare rabbia, rancore, sofferenza, però riesce a scovare anche i lati positivi della vita, qualcosa di bello, riesce a far emergere quei valori che ha sempre avuto, ma che non ha mai mostrato nella prima stagione.
La prima stagione si conclude con una scena molto forte: Pino cerca di togliersi la vita. Cos'è che lo spinge a compiere un gesto così estremo? La disperazione?
È stato un atto di debolezza, Pino si è sentito schiacciato dalla vita, dal dolore. Ha preso questa decisione perché per lui la vita non aveva alcun senso, perché gli adulti non gli hanno insegnato come bisogna vivere, perché la società non l’ha protetto, come sempre gli ha solo puntato il dito contro.
In fondo il messaggio di Mare Fuori è un po' questo: far capire ai ragazzi che un'alternativa c'è.
Agli adulti non ai ragazzi. Sono del parere che esistono cattivi maestri, ma non cattivi allievi. I grandi dovrebbero impegnarsi di più nel lavoro che fanno, metterci l'anima. Credo che gli adulti abbiano il compito di insegnare ai più giovani, dar loro un esempio, offrire opportunità, garantirgli dei progetti. Anche nella scuola: bisognerebbe dar vita ad un sistema che ti appassiona e non ti annoia. Però oggigiorno vedo molta mediocrità, sono pochi quelli che hanno davvero una passione e non pensano solo al guadagno.
E qual è la tua passione?
Lavorare su me stesso e non smettere mai di imparare. Molte persone pensano ad apparire, piuttosto che ad essere e anche molti artisti non sfruttano la loro visibilità per fare cose giuste, trasmettono ideali sbagliati: il denaro, il lusso. È brutto.
Si percepisce che sei un ragazzo molto combattivo, da dove nasce questo moto interiore?
È una cosa che ho appreso nel mio percorso: le cadute, i fallimenti che ho avuto, che poi ho trasmesso anche al personaggio di Pino. Il posto in cui sei cresciuto, la povertà, la fame influiscono molto su quello che sei, posso dirti soltanto una cosa, per me la povertà è un privilegio.
Ti va di raccontarci qualcosa delle difficoltà che hai affrontato, del posto in cui sei cresciuto?
Sono cresciuto nel Rione Salicella ad Afragola. Ho ricevuto sgambetti dappertutto. Sul tuo cammino troverai sempre persone che non credono in te, che proveranno a minare la tua determinazione, ad abbattere i tuoi obiettivi perché non hanno la forza di sognare in grande. Quanti talenti ci sono a Napoli, ragazzini che nascono con la fame agli occhi e vogliono raggiungere il successo, ma sul loro cammino incontrano persone che non glielo permettono.
Come si fa a superare le ingiustizie senza accumulare rabbia?
Credo sia impossibile senza rabbia, è l’elemento giusto se vuoi ottenere il successo. La rabbia e la fame. Poi a questi elementi aggiungi una grande idea, disciplina e costanza e nessuno potrà fermarti. Diventi imbattibile nello sport, nella recitazione, nell’arte, in qualsiasi cosa tu voglia fare. Perché fai la differenza, si vede che sei affamato e chi ha fame va avanti, la rabbia è un elemento forte, vero.
Ma spesso la rabbia porta a compiere scelte sbagliate, ed è un po' quello che succede anche ai ragazzi di Mare Fuori.
Sì, perché questi ragazzi non sfruttano bene la loro rabbia. I più grandi dovrebbero impegnarsi ad insegnare come gestire e convertire la rabbia, affinché i giovani non cedano e non vadano a procurarsi un'arma per poi andare a rubare. La rabbia è l'effetto della povertà, ma un ragazzo che conosce la povertà cresce più in fretta. Io ne sono l'esempio, prima di fare qualcosa di sbagliato ho imboccato la strada giusta quella dello sport, dell'arte. Ho attraversato molti momenti bui, avevo due scelte: fare a pugni o sfruttare quest'istinto e dedicarmi all’arte e allora ho colto questa opportunità.
Anche se, a quanto pare, sei diventato attore per caso. È vero?
Ho avuto la fortuna di fermarmi al posto giusto nel momento giusto, ma soprattutto ho riconosciuto la fortuna e ho iniziato a lavorare sui miei limiti. È molto importante riconoscere la fortuna, molti ragazzi la afferrano senza riconoscerla e finiscono per bruciarsi, perché non continuano a lavorare su loro stessi.
E tu lavori sempre su te stesso?
Certo. Lavoro su me stesso anche se non ci sono progetti, il mio unico progetto sono io ed è quello più grande.
Ora sei sul set di Nostalgia, il prossimo film di Mario Martone con Pierfrancesco Favino. Come ci si sente ad essere diretto da uno dei più noti registi italiani?
Mi sento privilegiato. Perché io mi ispiro sempre alla grandezza, se devo iniziare un lavoro devo farlo al meglio. Per me stare sul set con Mario Martone, Tommaso Ragno che mi ha dato tantissimi consigli, ed è un grande attore, Pierfrancesco Favino che è una persona meravigliosa, è stato un grandissimo insegnamento. Anche quando non dovevo girare andavo sul set per guardare come lavoravano, per osservare i dettagli, per capire come si concentravano prima della scena, è stato fantastico. Ho imparato tanto e ho ricreduto in me e nel mio potenziale artistico e so cosa sono capace di fare.
Sei fiero di quello che hai fatto fino ad oggi?
Fiero è una parola troppo grande perché nel momento in cui diventi fiero è come se ti sentissi già arrivato e inizi a fare meno di quanto dovresti. Sono contento, che è giusto perché ti dà energia e ti porta a fare di più. Ma essere fiero è come dire sono sul trono, ho capito chi sono e non è mai davvero così.