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Amministrative senza cravatta

Il voto di ieri ha segnato, in generale, la definitiva affermazione dei movimenti e dei partiti “anti”. Come previsto, la campagna elettorale e le dichiarazioni post voto sono state un trionfo di sobrietà e informalità: riusciranno i nostri eroi a proseguire su questa linea anche quando saranno al potere?
A cura di Andrea Parrella
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Ieri i sindaci eletti al primo turno, pure gli sconfitti e pure quelli che si daranno ad altri quindici giorni di passione erano accomunati da una scelta ben definita, un’intuizione giunta in ritardo, di cui si vocifera già da un po’: via la cravatta. Flavio Tosi, trionfante a Verona, nelle foto del pomeriggio è stato ritratto nell’atto di stappare bottiglie, tant’è vero che al Tg di Enrico Mentana non sembrava proprio in ottimo stato. Forse non se n’è reso conto, ma per tutta la sera ha messo una croce inderogabile sull’ipotesi di Bossi ri-candidato a segretario dopo la bufera di qualche settimana fa. Non è detto che oggi se ne ricordi. La scelta della camicia sgualcita da parte di Tosi non è stata casuale.

Per i derivati di Beppe Grillo, Putti e Pizzarotti in primis, è un trionfo di informalità, persino nei cognomi. Sono loro il termine di paragone, la colonnina di mercurio di questa tornata elettorale. Senza i cinquestellini (perché a quanto pare Grillini, come nome, non piace) è probabile ci sarebbe stato bisogno di assoldare qualcuno per andare di casa in casa a chiedere di recarsi alle urne. Genova, Parma, le province del centro-nord dove si votava, sono state tutte un trionfo di interviste in mise proletaria, una giacca al massimo.  La controtendenza la fa Fabrizio Ferrandelli a Palermo, lì dove sono rimasti al paleolitico, lui che cerca di dare vita all'unico ballottaggio effettivamente emozionante di queste blande amministrative sembra un ritratto dell'ottocento, e per capigliatura e per portamento, petto in fuori/spalle indietro/testa alta/ciuffo lavorato. E' il giovane tra i vecchi e sta pure perdendo (anche se lui, chissà se per tattica o perché ci crede sul serio, dice che il risultato sia ribaltabile). Addio alle cravatte, Marinella di Napoli è già terrorizzato all'idea, visto il titolo di sponsor ufficioso di Palazzo Chigi e Madama che s'era conquistato negli ultimi anni.

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L'equazione messa su da lungimiranti scienziati del marketing è abbinare la cravatta al politichese, ad un casto modo di approcciarsi alla cosa pubblica, ad una casta. Dove però l'altro estremo da scansare è l'effetto canotta di Bossi, onde evitare impopolari revanscismi: sobri sì, ma con limite. Si sta come d'autunno, in casa la domenica. Perché informalità farebbe rima con serietà, assiduità, onestà. Lo scetticismo imperversa lo stesso, non ce ne vogliano i vittoriosi o i perdenti di ieri, i quali potrebbero di certo accusarci che prima non volevamo la cravatta e adesso che l'hanno tolta ci lamentiamo ancora. Non ce ne vogliano davvero, perché prima di avere credito serio dovranno dimostrare che la cravatta, il nodo al collo che stringe e affanna, che congestiona e ingolfa, che obnubila il cervello e che impedisce di fare l'interesse della sola categoria che ha diritto ad averne (noi), ebbene, dovranno dimostrare che quella cravatta l'abbiano sciolta sul serio, ancor meglio che non l'abbiano mai indossata.

Sarà un caso che Pd e Pdl (in particolare il secondo), ai quali pare il parlamento fornisca, così come le agende inutili, dei pigiami incorporati di cravatta, abbiano registrato un tonfo?

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