Alfonso Signorini: “Da piccolo mi hanno bullizzato, non l’ho mai detto ma sono ferite che restano”
Ospite della puntata di domenica 24 ottobre di Verissimo è stato Alfonso Signorini. Il conduttore si è raccontato in una lunga intervista nel salotto di Silvia Toffanin, dove ha parlato della sua infanzia, del rapporto strettissimo con sua madre e anche della sua carriera in tv.
Un'infanzia solitaria
Una lunga intervista e anche particolarmente intensa, dove non sono mancati momenti di commozione e anche un racconto approfondito e dettagliato di quella che è stata l'infanzia di Alfonso Signorini. Il conduttore, infatti, racconta:
Ero un bambino solitario, sì, ho vissuto anche episodi di bullissimo. Mi chiamavano Alfi, perché mia mamma mi chiamava dal balcone quando era ora della merenda e quindi tutti mi facevano il verso, perché loro andavano con i motorini e io invece giocavo all'elastico. Non mi hanno mai appassionato i giochi dei bambini, il pallone, preferivo palla prigioniera, l'elastico, non ero forte o gagliardo. Mi ricordo molto forti di bullismo, oggi non sarebbero accettati, per fortuna. Sono ricordi che poi ti porti dietro.
Gli episodi di bullismo
Ci sono stati, però, degli episodi terribili che ha vissuto quando era poco più che un bambino e sono diventati dei ricordi indelebili che, ovviamente, hanno plasmato la sua crescita e la sua adolescenza. Gli atteggiamenti adottati nei suoi confronti ad oggi sarebbero stati condannati senza possibilità di replica:
Ricordo che alle scuole medie, dato che andavo bene a scuola, mi rifugiavo nei libri, quindi, mi capitava di consegnare spesso i compiti prima degli altri e quindi mi dicevano "Alfi, suggerisci, brutto pezzo di…se no ti meniamo". Io ero talmente ligio al mio dovere, mi sono sempre rifiutato, ma non perché fossi cattivo. Mi ricordo che mi bloccavano all'uscita della scuola, prendevano i palloncini ci sputavano tutti dentro, lo gonfiavano e poi con lo spillo me lo facevano scoppiare in faccia. È stata una roba tremenda che ho ancora dentro oggi.
Il conduttore, poi, conclude questo racconto così intenso e stratificato della sua infanzia dicendo che non ha mai raccontato nulla di quanto gli accadeva a scuola, anche per proteggere sua madre: "Non dicevo niente a nessuno, avevo paura, quando li vedevo scappavo. Anche a mia mamma non dicevo niente, non volevo dare a mia mamma il dolore di avere un bambino che non socializzava con gli amici, avevo il terrore che arrivasse il sabato e la domenica e io non sapevo cosa fare. Vedevo che gli altri andavano via, chi in discoteca, chi..e io stavo a casa a studiare. Mia mamma qualche volta me lo diceva, perché non esci?".