Alessandro Sallusti: “Non baratto la mia libertà, non sono pericoloso”
"Eccomi, sono quel soggetto socialmente pericoloso", così inizia un articolo scritto da Alessandro Sallusti su "Il Giornale" che oggi dirige. Mercoledì il Direttorissimo saprà se finirà in carcere per 14 mesi oppure se potrà rimanere ancora saldo alla sua poltrona, ma con l'obbligo di dover vagliare articolo per articolo perchè la legge dice che il Direttore è responsabile di tutto. Una follia secondo Nicola Porro. Insomma, dovrebbe fare il colonnello e censurare ogni frase dei suoi "sottomessi" che non gli garba: anzi, farebbe bene a dare un'occhiata anche ai condizionali errati e agli errori di battitura. Una legge assurda, anacronistica, che ha dell'incredibile. Sallusti nel suo pezzo di oggi confessa, anzi giura, di non essere un criminale:
Non ho mai fatto male volontariamente ad una mosca nè mai lo farei. Non ho precedenti penali. Non ho mai risposto con querele a minacce ed insulti. A volte ho sbagliato? Certo che sì e ho sempre pagato in tutti i sensi. Sono orgoglioso di dirigere il quotidiano della famiglia di Paolo Berlusconi, famiglia che la libertà ce l'ha nel sangue […] Potrei difendermi dalle accuse sostenendo, come è vero, che quell'articolo non l'ho scritto io. Non lo farò perchè ho la profonda convinzione che nessuno debba andare in carcere per un'opinione. Se accettassimo questo, sarebbe la fine della democrazia. Io sono disposto a pagare un equo indennizzo ma non baratto la mia libertà. Io non sono nulla rispetto al problema in questione.
Il Presidente della Repubblica Napolitano segue il caso da vicino, questo è trapelato ieri da un cinguettio del consigliere per la comunicazione del Quirinale Pasquale Cascella. Walter Veltroni ha invocato poi l'intervento del Governo perchè "ne va davvero della libertà di stampa". Toni più duri dai radicali Alessandro Gerardi e Irene Testa:
Se Sallusti rischia il carcere è per colpa delle leggi criminogene approvate in questi anni dal centrodestra.
Interviene poi un avvocato esperto di diritto dell'informazione che al Corriere della Sera definisce "ingiusta" questa legge:
Di norma i tribunali infliggono soltanto la pena pecuniaria e, anche se la pena non viene sospesa, basta pagare. Ma in totale discrezionalità possono infliggere la reclusione. Se questo è ingiusto per l'autore di un articolo, risulta mostruoso per il direttore che risponde solo per aver omesso il controllo che di fatto non è in grado di effettuare e che riguarda anche le opinioni dei suoi giornalisti sulle quali potrebbe intervenire solo operando un'inaccettabile censura.
Napolitano potrebbe intervenire concedendo la grazia oppure chiedendo una modifica della legge. "A parole stanno con Sallusti, ma la legge non la fanno mai" scrive Maria Maglie su Libero. Solo Lara Comi e Mariastella Gelmini si dicono pronte a battersi per una legge pro-stampa, ma finora solo parole e pochi fatti sia a destra che a sinistra. Le leggi che sono rimaste in sospeso, come ricorda Il Giornale di oggi, sono quella di Pecorella-Costa (Pdl) nel 2008 che intende modificare il codice penale, quello di procedura penale e la legge sulla stampa; l'altra è più recente, risale al 2011, ed è stata pensata da Genovese (Pd) che prevede di commutare in una multa la pena detentiva che spetta al direttore di una testata giornalistica.
L'irritazione è bipartisan, infatti questo sarebbe il momento giusto per intervenire, per mettere fine ad una legge che da sempre intimorisce il giornalismo italiano. Se la Cassazione dovesse confermare la sentenza della Corte d'appello di Milano, possiamo prepararci al peggio: ad un lotta fra poteri, fra caste, a giornalisti sempre più asserviti dove il "volemose bene" diventa quasi una chiave di lettura dei loro pezzi. Il ruolo del giornalisti, invece, deve rimanere quello di cani da guardia e soprattutto i nostri spunti devono rimanere critici ed aggressivi: il confronto non fa mai male, anche se – sia chiaro – chi sbaglia paga. Ma finire in cella per aver omesso un controllo (fisicamente impossibile) o per aver scritto una frase esagerata o formulata male, è troppo. E' un ritorno al fascismo. No, noi non ci stiamo.