Adriano Celentano delirante, Sanremo da buttare (ma le canzoni?)
E' stata probabilmente la peggiore partenza di sempre nella storia della kermesse, quella di questo Festival di Sanremo 2012. Doveva essere una macchina da guerra, precisa, con tempi serrati, come ogni grande trasmissione richiede, ma è stato un martirio per chi, a casa, guardava e non credeva ai propri occhi. Infinita stima a tutti i cantanti che, in questo carrozzone fatiscente, sono quelli probabilmente più danneggiati da questo Circo Barnum che, proprio come accade con gli animali, ha riservato loro un trattamento quasi disumano. Fosse stato solo per il sermone delirante di 50 interminabili ed imbarazzanti minuti gestiti malissimo da Adriano Celentano, ma il colpo di grazia agli artisti è stato inferto con i problemi tecnici al sistema di voto della giuria demoscopica che ha di fatto bloccato il regolare svolgimento della competizione. Dovevano essere eliminati due artisti, è stato mandato tutto a monte: cominceranno soltanto questa sera le eliminazioni.
Visto il peso specifico nullo che hanno avuto le canzoni, Sanremo 2012 poteva tranquillamente chiudere i battenti dopo la prima mezz'ora, una volta terminato il monologo di Luca e Paolo. Leggeri, ironici, scanzonati, forse un pò approssimativi e allo stesso tempo cinici: partono con un requiem alla comicità e alla satira politica che, da quando non c'è più Silvio Berlusconi, non è più la stessa. Ma, soprattutto, da bravi comici, fanno quello che va fatto, ovvero dissacrare i potenti. Ed ora come ora i potenti sono quelli che arrivano nelle trasmissioni per monopolizzare l'attenzione prendendo cachet così elevati che non entrano nemmeno nel "Deposito di Paperone". Quindi stoccano con eleganza la prosopopea di Roberto Benigni, canzonandone i suoi manierismi, i suoi atteggiamenti e accostando la recente versione del comico di Castiglion Fiorentino ("questi giovani che mi prendono il cuore, questo tormento mi sanguina il cuore…") alla prima maniera, quando era ancora un "piccolo diavolo" ("la passera, la passerina, la crepaccia, la cucchiona, la smandrappona…"). Luca e Paolo hanno visto giusto soprattutto su Adriano Celentano, hanno provato a fare meglio di lui, riferendogli: "Adesso proviamo a fare meglio di te". E sono rimasti lì, per un paio di minuti, a guardare il pubblico, senza fare nulla. Prima di entrare nella "questione Celentano", due parole di merito per il bellissimo monologo di Rocco Papaleo, un grande manovale dell'arte italiana, con così tanta luce dentro, che nel buio pesto di Sanremo quasi sfigura.
LE BOMBE DI ADRIANO CELENTANO – Alle 22.15 il Teatro Ariston si trasforma in un campo di battaglia, Gianni Morandi scappa dal palco, la grafica mostra bombardamenti e mitragliate, una coreografia montata ad arte con la fuga di una massa di persone dal teatro. Tre minuti di rumore assordante poi arriva lui a predicare, e quello che ha avuto da dire non è piaciuto a nessuno, questa volta. Il "Noleggiato", come è stato chiamato da Luca e Paolo, resta come al solito un pò in silenzio, beve dell'acqua e comincia ad attaccare la Chiesa, puntando sull'eterno "vizietto" che le istituzioni cattoliche hanno di mettere il naso nella politica. Un discorso retorico, lungo, noioso ma soprattutto vecchio, risaputo. E via con la prima bomba: "Giornali inutili come Avvenire e Famiglia Cristiana andrebbero chiusi definitivamente", rei di occuparsi di politica, anzichè spiegare per filo e per segno Dio. Questo postulato è il primo di una serie di attacchi da BarSport che, fondamentalmente, all'Italia intera non serve. Magari sarebbe stato più sensato spiegare che giornali come Avvenire e Famiglia Cristiana, anzichè chiudere, dovrebbero cominciare ad andare avanti più con le loro gambe, che con quelle dello Stato (come ha ben spiegato Adriano Biondi nell'approfondimento sul finanziamento pubblico ai giornali). Insomma, per Celentano, i giornali cattolici spesso predicano male, razzolando anche peggio: non tarda ad arrivare la replica di Avvenire che, quasi alla velocità di un tweet, spiega:
Tutto questo perche' abbiamo scritto che con quel che costa lui alla Rai per una serata, si potevano non chiudere le sedi giornalistiche Rai nel Sud del mondo e farle funzionare per un anno intero.
Dunque Adriano avrebbe usato lo spazio a sua disposizione per attacchi mirati? Non c'è tempo per le domande, il delirio continua. Celentano parla di spread e di economia giusto isolandone le parole chiave, suggerisce a Montezemolo di fare non solo Italo, il treno Alta Velocità, ma di farne anche uno lento per farci ammirare il paesaggio (poetica interpretata male da molti giornali, erano evidenti i riferimenti alla questione Torino-Lione e al movimento No Tav) e, sopratutto, chiama cretino Aldo Grasso che oggi sul Corriere della Sera sembra sia rimasto anche lui, come noi, leggermente basito da quanto visto.
SANREMO DIVENTA UNA SAGRA DI PAESE – L'attenzione è stata altissima, su Twitter non si è parlato altro che di Sanremo. Il momento più basso dell'interminabile sproloquio di Adriano Celentano viene raggiunto quando dal pubblico si alza un Pupo indignato che attacca Celentano: "Ma tu chi ti credi di essere?". Soltanto quando arriva prontamente il tecnico a consegnare un microfono al cantante di Gelato al cioccolato, capiamo che putroppo non si tratta di un'invettiva partita dal cuore, ma di un copione studiato a tavolino. Oddio, studiato malissimo. Pupo mostra di non essere proprio bravo a recitare ed in questa scena dialogata viene trascinato anche il povero Gianni Morandi (si, c'era anche lui al Festival) apparso di gesso, costretto a interpretare un ruolo voluto proprio da Celentano, con battute scritte da lui e che, irrimediabilmente, sortiscono l'effetto di un nulla cosmico venuto anche male.
Morandi dimostra di non credere a nessuna parola che esce dalla sua bocca e si vede. Sembrano tre sgangherati personaggi del Teatro dell'Arte con il Molleggiato che somiglia ad un incrocio tra il Capitan Matamoros e Scaramouche, baldanzoso, sbruffone e vanaglorioso, il povero Morandi è un Pulcinella senza ingegno e Pupo appare come la storica maschera fiorentina di Stenterello, con quella voce tremante che suggerisce quasi la speranza dell'artista che finisca presto questa "sagra di paese". A proposito, mancava solo Martufello, poi sarebbe stato tutto perfetto.