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A testa alta, Libero Grassi: la storia dell’eroe che sfidò Cosa Nostra e si rifiutò di pagare il pizzo

La fiction ‘A testa alta, Libero Grassi’ ripercorre la storia dell’imprenditore che si ribellò a Cosa Nostra e si rifiutò di pagare il pizzo. L’uomo non si piegò alla volontà del clan Madonia e denunciò pubblicamente le minacce che stavano scuotendo il suo quotidiano. Un atto compiuto in un tessuto sociale che anziché mostrarsi solidale, lo lasciò combattere da solo. E così, nonostante lo spettro di una morte che appariva imminente, Grassi percorse eroicamente e fino in fondo quella strada che ha tentato di spianare per tutti.
A cura di Daniela Seclì
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A sinistra Libero Grassi, a destra Giorgio Tirabassi nei panni dell'imprenditore
A sinistra Libero Grassi, a destra Giorgio Tirabassi nei panni dell'imprenditore

Domenica 14 gennaio, Canale5 lascia spazio alla prima delle quattro fiction del ciclo ‘Liberi sognatori‘. Alle 21:10, infatti, va in onda ‘A testa alta – Libero Grassi‘, l'episodio diretto da Graziano Diana racconta la storia dell'imprenditore che si ribellò a Cosa Nostra. Nel cast Giorgio Tirabassi, Michela Cescon, Diane Fleri e Carlo Calderone. La narrazione ha inizio quando Libero Grassi viene preso di mira dal clan mafioso Madonia che gli chiede il pizzo. L'imprenditore possiede una fabbrica tessile e non ha intenzione di vanificare il suo lavoro piegandosi alla volontà di Cosa Nostra. Così, nonostante le continue minacce, denuncia con coraggio quanto gli sta accadendo sia sui giornali che in tv. Suscitò particolare clamore, l'intervista rilasciata a Michele Santoro nel programma ‘Samarcanda'. Non riceve, però, la solidarietà sperata e resta da solo nella sua battaglia. Nel 1991 è stato assassinato.

La vera storia di Libero Grassi

Libero Grassi nasce il 19 luglio 1924 a Catania, ma sin da bambino si trasferisce a Palermo. Dalla famiglia eredita sentimenti antifascisti. Nel 1942 si trasferisce a Roma dove studia scienze politiche. Dopo un breve periodo in seminario, torna a Palermo e intraprende gli studi di giurisprudenza. Grassi abbandona il sogno di diventare diplomatico per abbracciare l'attività di commerciante. A Palermo apre uno stabilimento tessile, pur non rinunciando ad un ruolo attivo in politica. Gli anni passano e la Sigma, fabbrica di famiglia, finisce nel mirino di Cosa Nostra. L'imprenditore riceve pressanti richieste di pagamento del pizzo, ma non ha alcuna intenzione di cedere.

La lettera di Libero Grassi all'estorsore

Libero Grassi denuncia pubblicamente quanto gli sta accadendo. Il 10 gennaio del 1991, il Giornale di Sicilia pubblica una lettera scritta dall'imprenditore e rivolta all'estorsore. Il suo caso diventa mediatico e divide l'opinione pubblica. La solidarietà nei suoi confronti, infatti, non è unanime come ci si aspetterebbe. Alcune organizzazioni di imprenditori lo accusano di stare infangando la categoria. Coloro che stanno subendo le stesse estorsioni preferiscono tacere. Chi prende coraggio e denuncia si conta sulle dita di una mano. Ecco il testo della missiva pubblicata 27 anni fa:

"Caro estorsore, volevo avvertire il nostro ignoto estorsore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere…Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al ‘Geometra Anzalone' e diremo no a tutti quelli come lui".

L'assassinio di Libero Grassi

Libero Grassi consegnò alla polizia le chiavi dell'azienda e si mise sotto la loro protezione. Il 29 agosto 1991, alle sette e trenta del mattino, Salvino Madonia – figlio del boss di Resuttana – e il complice Marco Favaloro attesero che l'imprenditore uscisse di casa per recarsi al lavoro e lo uccisero con quattro colpi di pistola. Madonia sta scontando l'ergastolo al 41 bis per questo e altri delitti.

Le parole di Alice, figlia di Libero Grassi

Quello di Libero Grassi è stato un gesto dal sapore eroico che si è compiuto in un contesto sociale che ha preferito tacere, sopportare e – indirettamente – diventare complice. L'imprenditore si è ritrovato da solo nella sua battaglia, ma ha avuto il coraggio di compierla fino in fondo, di dire no, di dirlo a gran voce, pubblicamente, affinché tutti potessero comprendere che era disponibile un'alternativa, una nuova strada che lui stesso con la sua denuncia stava spianando. Alice Grassi ha dato voce al seme germogliato dal sacrificio di suo padre e dalla lotta proseguita da sua madre Pina:

“Abbiamo affidato a mia madre il compito di raccontare la storia e l’impegno di mio padre in difesa del bene comune e della libertà. Quello di mia madre è stato un cammino di solitudine fino al 2004, quando Palermo è stata tappezzata con adesivi recanti la scritta: ‘Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità’. A seguito di questa iniziativa mia madre ha detto ‘Se sono scritti da giovani potrebbero essere i miei nipoti perché la pensano come me’. Da lì nacque l’associazione Addio Pizzo. Pochi giorni fa, dopo la morte di mia madre, quegli stessi giovani hanno detto: ‘Con te tutto era nato ed era cresciuto, hai segnato una strada che noi continuiamo a percorrere, seguendo i passi tuoi e quelli di Libero, passi lievi, garbati e al tempo stesso determinati e forti".

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