video suggerito
video suggerito

“A.A.A. offresi”, storia di una Rai che censura la prostituzione

Nel 1981 su Rai Due, un documentario fu bloccato pochi minuti prima della sua messa in onda: avrebbe mostrato la “giornata tipo” di una lucciola che riceveva in casa undici clienti.
84 CONDIVISIONI
Immagine

E' uscita fuori una storia interessante dalle pagine digitali del "Corriere della sera", una di quelle che magari potrebbero dare più di uno spunto agli sceneggiatori della tv, ormai dediti perlopiù alle biofiction. Ma, soprattutto, restituisce la dimensione assoluta del Potere, (già, quello con la "P" maiuscola), della sua forza coercitiva e dei suoi imperativi. Sono le 21.30 dell'11 marzo 1981, su Rai Due deve andare in onda "A.A.A. offresi", un documentario che proponeva di seguire una giornata tipo di una "lucciola" di origini francesi, Veronique, nel suo appartamento romano in Via San Martino ai Monti, al numero civico 50. Undici clienti furono ripresi, con il volto oscurato e a loro insaputa. Tra questi anche un poliziotto che mostrando il tesserino, pretese di non pagare. Quando la "signorina buonasera", Marina Morgan, appare in video, spiega che "A.A.A. offresi" non andrà in onda, ma al suo posto ci sarà il film "Grisbì", con Jean Gabin. Segue poi un comunicato del presidente della Commissione parlamenteare sulla vigilanza Rai, Mauro Bubbico: "Invito la concessionaria alla sospensione della messa in onda della trasmissione". 

La censura, il processo. Fu chiaro a tutti che il documentario che voleva seguire una giornata tipo di una lucciola, fu censurato. Ma non finì qui. La stampa si divise, vennero organizzati picchetti davanti Montecitorio ma, soprattutto, arrivò l'accusa penale per le sei autrici del documentario (Maria Grazia Belmonti, Anna Carini, Rony Daopulo, Paola De Martiis, Annabella Miscuglio e Loredana Rotondo) e per cinque dirigenti Rai. L'accusa era favoreggiamento della prostituzione e violazione della privacy. Stiamo parlando di qualcosa che è precursore di format alla Saverio Tommasi, per intenderci, prolungamento ideale del lavoro dei primi grandi maestri del cinema e della tv, da Ugo Gregoretti a Nanni Loy, passando per Pier Paolo Pasolini. Nel 1985 vennero tutti assolti in primo grado, dieci anni dopo anche nel secondo grado di giudizio. Assolti, quindi.

Nessuno ha mai visto il documentario. Le autrici non hanno mai pensato di richiederlo oppure di sollecitare la Rai alla sua messa in onda, dopo l'assoluzione. Una battaglia durata così tanto, che ammorbidì quanti avevano lottato. Di Veronique, invece, nessuna traccia. L'unico servizio su di lei è presente su un Playboy di aprile 1981, dove Giulia Massari la descrive "un po' sul tondo, ma molto ben modellata, con la faccia larga e la bocca sensuale […], Veronique deve sicuramente attrarre gli uomini, o almeno quel tipo, che ama sentirsi tranquillo". Tutta la vicenda è descritta in un libro, "L'età dell'oro, il caso Veronique", scritto da Francesca Romana Massaro e da Silvana Silvestri, edizioni Emmebi. Chissà, magari un giorno, riusciranno ad allegare il documentario segreto, ora stipato tra gli scaffali polverosi del Tribunale di Roma, in mezzo a centinaia di "cold case" italiani.

84 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views