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The Walking Dead 5, quando l’uomo fa più paura degli zombie

Come cambia l’uomo quando la società non esiste più e fino a dove è in grado di spingersi per la sua sopravvivenza. Con l’arrivo dei cannibali, “The Walking Dead” mette in scena la sua dimensione più cupa possibile. Il bello è che il meglio (o il peggio) di questa avventura nera dell’animo umano, deve ancora venire.
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Come cambia l'uomo quando la società non esiste più e fino a dove è in grado di spingersi per la sua sopravvivenza. Con l'arrivo dei cannibali, "The Walking Dead" mette in scena la sua dimensione più cupa possibile. Il bello è che il meglio (o il peggio) di questa avventura nera dell'animo umano, deve ancora venire.

Qualcosa è cambiato dopo il secondo episodio di "The Walking Dead 5". No, non ci riferiamo ai numeri che questa serie è in grado di fare: questo dato è ormai ampiamente consolidato, è un successo in grado di trasferirsi dal fumetto alla tv, e viceversa, come nessuno (crossmediale, diciamolo pure ancora una volta). Dopo "Strangers", o "Sconosciuti" per usare il titolo in italiano del secondo episodio, cominciamo a capire quanto sia veramente forte il meccanismo narrativo e l'esperimento sociale che Robert Kirkman, il creatore di "The Walking Dead", ha messo in atto quando nell'ottobre 2013 ha dato alle stampe il primo numero del suo fumetto.

Resta l'uomo la prima minaccia in un mondo invaso da zombie. Gareth e gli altri abitanti di Terminus sono, nello storyarc del fumetto, i "cacciatori", sopravvissuti costretti ad adattarsi in questa nuova società violenta e senza regole. Come? Cannibali, in una sola parola. È proprio ora che "The Walking Dead" mette in scena la sua dimensione più cupa e coerente, perché inevitabile: dove gli zombie divorano il mondo, l'uomo divora l'uomo, passando su ogni genere di efferatezze. Ineluttabile, violenza ineluttabile. Nel comics ci sono due tavole (che in Italia troverete nelle edizioni saldaPress da edicola, al numero 17, chiamato appunto "I cacciatori", e da libreria/fumetteria, al numero 11 "Temi i cacciatori") dove i "cacciatori" rivelano cosa li spinge a mangiare le persone e quanto è forte il peso del dolore inferto sulla loro coscienza. Tutto avviene con incredula naturalezza quando, nel bel mezzo di una tensione verbale che di lì a poco scaturirà in conflitto fisico, il loro leader (il Gareth della serie tv) finisce per piangere nel raccontare a Rick cosa è stato costretto a fare.

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Come cambia l'uomo quando la società non esiste più e fino a dove è in grado di spingersi per la sua sopravvivenza. Una fantastica Odissea corale, questo è "The Walking Dead", dove Robert Kirkman si diverte a incrociare i destini, a metterli alla prova. Bene e male non sono mai stati più sfumati di così. Questa non è affatto una storia sugli zombie, non è di loro che dobbiamo avere paura. Ce ne ricordiamo ogni qual volta ciò che avviene ci atterrisce e ci lascia sgomenti. Come guardare Gareth parlare con tranquillità a Bob, mentre addenta quel che resta della sua gamba. E il bello è che il meglio (o il peggio) di questa avventura nera dell'animo umano, deve ancora venire.

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