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Rudy Guede a Franca Leosini: “Sono colpevole solo di non aver salvato Meredith”

L’intervista esclusiva di Rudy Guede rilasciata a Franca Leosini nella trasmissione “Storie Maledette”. L’unico condannato per la vicenda dell’omicidio della Kercher parla della sua vita e di come siano andate le cose, per lui.
A cura di Andrea Parrella
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Era molto atteso il ritorno in tv di Franca Leosini con la nuova stagione di "Storie Maledette", su Rai 3, il 21 gennaio 2015. La giornalista riporta in prima serata il programma che sta ottenendo grande riscontro di pubblico e di critica, offrendo una tipologia di narrazione dei fatti di cronaca nera differente da quella aggressiva alla quale è solitamente abituato il telespettatore italiano. E il ritorno è segnato dall'intervista a un personaggio reso tristemente noto dalle pagine di cronaca nera italiana degli anni recenti, Rudy Hermann Guede, che ha optato per il rito abbreviato nell'ambito del processo per l'omicidio di Meredith Kercher, ed è stato condannato per concorso in omicidio e violenza sessuale con sentenza della Corte di Cassazione, Prima Sezione penale, in data 16 dicembre 2010 (Raffaele Sollecito e Amanda Knox sono stati assolti). Il primo grado aveva stabilito una pena di 30 anni, poi ridotta a 16 in appello. La giornalista ha rivendicato la scelta di Guede di concedere a lei l'intervista nella quale ha ribadito la sua innocenza rispetto all'omicidio della Kercher, rinunciando ai molti soldi che tanti altri avevano lui offerto, proprio in nome di una credibilità del programma sempre crescente di recente.

L'infanzia, l'arrivo in Italia di Guede

L'intervista a Guede si apre con il racconto del momento in cui da bambino, a 5 anni, Rudy viene strappato dalle braccia di sua madre dal padre che lo porta in Italia, per offrirgli una vita migliore. I  primi anni di vita in Italia dettano quella che sarà una costante della sua esistenza iniziale, ovvero stare da solo, essere autonomo, badare a sé, fino all'incontro con Ivana, una maestra che finisce per diventare una sua madre surrogata.

Il computer rubato da Rudy Guede

Guede contesta le facili interpretazioni che, secondo lui, ha dedotto l'opinione pubblica. 27 ottobre 2007, è questo il giorno che, di fatto, stando a quanto lui sostiene, ha rovinato la reputazione di Guede dopo le accuse di omicidio. Guede racconta di un caso accaduto quattro giorni prima l'omicidio di Meredith, riguardante la questione del comuputer che gli fu trovato addosso il giorno del fermo a Milano, dopo aver dormito in un asilo, accompagnato da un uomo sudamericano conosciuto quella sera: "Il personal computer l'avevo comprato di seconda mano inun mercatino, poi si è scoperto fosse stato rubato dallo studio di un avvocato. Su questa storia sono state fatte tante manipolazioni.

L'incontro con Meredith Kercher

Rudy Guede racconta di come ha conosciuto e incontrato Meredith, giorni prima del delitto, in numerose occasioni, parlando anche di un bacio scambiato in discoteca, che tuttavia, precisa la Leosini, non sarebbe stato confermato dalle persone che erano con Meredith. Poi smentisce le ipotesi descritte dalla stampa: "Se io sono entrato nella villetta di via della Pergola è perché mi ha aperto Meredith. Non mi sono arrampicato come un geco, non mi hanno aperto Raffaele Sollecito e Amanda Knox". Il racconto di Guede sui dettagli di quanto accadde la sera dell'omicidio di Meredith è preciso e non omette alcun dettaglio. Mentre lui è in bagno dopo del petting con la ragazza sente entrare qualcuno, che discute con la ragazza. Afferma di riconoscere la voce di Amanda Knox e di uscire immediatamente dal bagno per vedere cosa stia accadendo, ritrovandosi davanti una figura maschile di spalle (che non può con certezza identificare con Sollecito) la quale, resasi conto della sua presenza intima alla Knox di andare via, come a dire "Siamo stati scoperti". Guede troverà Meredith per terra, ferita al collo, che tenta di dirgli qualcosa mentre lui prova ad aiutarla prima di scappare via, impaurito.

Rudy Guede: "Non sono colpevole"

Da qui Guede muove i passi per la vera accusa che muove nei confronti di se stesso e riconosce il grande errore di essere scappato: "Mi sento di non aver fatto quello che avrebbe fatto anche un bambino di sei anni, ovvero chiamare aiuto, soccorrere Meredith. Lei si chiederà perché sia scappato via, però in quei momenti tante cose ti vengono in testa. La paura ha prevalso su di me e per questo non ho agito nel miglior modo possibile per aiutare Meredith".

Le accuse ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito

Guede, raccontando la sua versione, spiega la sua versione, ciò che ha potuto concludere: "Io dico al 101% che Amanda c'era. Ho riconosciuto la sua voce, la conoscevo. Dopodiché, per quanto riguarda la seconda persona, io facendo un percorso mentale di quel momento, non posso essere in grado di dire chi fosse all'epoca. Ma sono passati otto anni e una mia idea me la sono fatta. Se andiamo a leggere una sentenza di cassazione emessa che parla chiaro, si legge che loro, lì, dentro quella casa, c'erano".  Guede spiega perché abbia deciso per il rito abbreviato: "Mi sono fatto processare con rito abbreviato perché ho ritenuto, insieme ai miei legali che la mia innocenza fosse chiara".

"Amanda Knox e Raffaele Sollecito sanno come siano andate le cose"

Guede chiude con le sue scuse: "Chiedo scusa alla famiglia di Meredith per non aver provato a salvare questa ragazza. Se mi devo fare 20 anni per non essere riuscito a soccorrere questa ragazza, mi va bene. Però non posso fare un solo giorno di carcere per l'omicidio di Meredith". Infine quelle che sembrano accuse nemmeno troppo velate:

Aldilà di ogni ragionevole dubbio, sono stato condannato in concorso. Penso che anche Raffaele Sollecito e Amanda Knox sappiano come siano andate le cose.

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