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Roberto Saviano: ‘Assurdo incolpare chi racconta la violenza e non chi la fa’

Roberto Saviano è stato uno degli ospiti della nuova puntata di Che tempo che fa in cui ha raccontato a Fabio Fazio cosa è cambiato in questi dieci anni dall’uscita di Gomorra.
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Roberto Saviano (LaPresse)
Roberto Saviano (LaPresse)

È ricominciato Gomorra 2, la serie tratta dal romanzo di Roberto Saviano, lo scrittore campano che 10 anni fa pubblicò un libro che gli ha rivoluzionato la vita, costringendolo sotto scorta a causa di minacce ricevute dalla Camorra. E proprio il libro e la vita dello scrittore sono stati al centro della discussione di Che tempo che fa, in cui Saviano ha raccontato come (non) è cambiata la situazione rispetto all'anno di uscita del libro, di cosa fa e può fare la politica e delle accuse che continuano ad essergli rivolte.

La difficoltà di ricordare tutto

Non è facile ripercorrere quello che è avvenuto in tutti questi anni:

Ricordare tutto mi pesa parecchio, trovare un momento di fare un riepilogo di tutto quello che è avvenuto è tosta: dalla lotta ai clan, al metodo letterario, la scrittura. Poter scrivere storie reali con il metodo del romanzo, una cosa che non permetteva di categorizzare il libro che una volta ho addirittura trovato nella sezione turismo.

A che punto è la lotta alla camorra

L'amarezza dello scrittore si fa ancora più profonda quando Fazio gli chiede cosa risponderebbe, dieci anni dopo, alla domanda ‘A che punto è la camorra':

Risponderei la stessa cosa di 10 anni fa, ovvero che è al massimo grado di conservazione culturale e sviluppo economico. Si avvicendano le dirigenze, alcuni clan sono stati spezzati e interrotti, c'è uno spazio in cui si potrebbero cambiare le cose ma non succede. Nel sud continua la costruzione di organizzazioni che possono arruolare a poco prezzo, 2 mila euro a omicidio, e le organizzazioni, inoltre, sono le uniche che investono sui bambini.

Le critiche non sono diffamazione

‘Bisogna smettere di credere che quando ci sia critica sia diffamazione delle istituzioni, smettere di considerare nemici chi fa considerazioni – dice Saviano -. Bisogna non cedere al voto di scambio, bisogna stare sul territorio anni, affidarsi a personaggi che stanno sul territorio, anche se perdi, perché c'è un modo giusto di perdere e un modo giusto di vincere'. Saviano risponde così alle critiche che arrivano da persone legate alle Istituzioni, con cui è molto critico, ma risponde anche a chi continua a dire che parlare della camorra sia uguale a gettare fango sulla città:

Una delle cose più incredibili è credere che raccontare queste storie sia un modo di ferire la propria terra. La responsabilità della violenza, così, viene data a chi racconta questo: quindi, di contro, dovremmo pensare che tutte le serie che guardano al bene avrebbero dovuto educare al bene tutto il Paese? Si vuole dare la colpa non ha chi fa il male, ma a chi nomina il male. Chiunque decide di raccontare le contraddizioni, quindi, viene considerato il male.

Sono i lettori a fare paura

Più volte Saviano ha dichiarato che probabilmente non si sarebbe mosso allo stesso modo, non l'avrebbe riscritto Gomorra o, almeno, sarebbe più prudente e lo ribadisce anche sulla poltrona di Rai Tre dove rinnova anche il ringraziamento ai lettori, vera forza del libro:

No, non lo rifarei: difendo il mio libro, ma è difficile pensare che tornando indietro rifarei tutto, sarei più prudente, ma quando facevo questo libro non immaginavo quello che poteva succedere. Erano questioni che avevo preso da cronache giudiziarie, storie di strada che ho messo dentro alla potenza del racconto. A fare paura, però, sono stati i lettori, perché quando decide di difendere una storia e un libro ha un potere enorme.

Cosa fare per mantenere alta l'attenzione

In chiusura lo scrittore è voluto anche tornare sulle cose che si possono fare per far sì che si continui a parlare del male:

Bisogna non farsi dettare l'agenda dalla cronaca: se ne parla solo coi morti, ma bisogna mantenere una costanza del racconto. Il sud ha perso una centralità politica perché le persone emigrano, per farlo rivivere deve aprirsi ai flussi migratori anche in ingresso. Non credo nella Giustizia, ma credo nella bontà, qualcosa che posso sperimentare subito, non ho l'ideologia del bene. Io devo tutto ai miei lettori, quelli che hanno preso le mie storie e le hanno difese e diffuse.

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