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“Non è la Rai” finiva il 30 giugno di 20 anni fa tra le lacrime di Ambra e le ragazze

Due decenni fa esatti finiva, dopo 4 anni, un programma che ha segnato un paio di generazione, nel bene e nel male. Contestato e adorato, odiato e amato, “Non è la Rai” resta ancora oggi un caso chiaro di come un’idea possa cambiare la tv. Che quell’idea sia apprezzata o meno.
A cura di Andrea Parrella
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Ho detto ad un mio amico prima di iniziare a scrivere questo articolo: "Oggi, vent'anni fa, l'ultima puntata di "Non è la Rai". Lui sgrana gli occhi e censurando la sua frase fa "Ma che dici? Cioè quando c'è stata l'ultima puntata di Non è la Rai io avevo sette anni?". La reazione istintiva di chi ha vissuto solo i riflessi del programma di Gianni Boncompagni e Irene Ghergo, non poteva che essere questa. Il 30 giugno del 1995 era un venerdì e, tra le lacrime di Ambra e le altre ragazze si diceva addio ad un simbolo degli anni '90, o sarebbe il caso di dire Danni '90. Finiva il quadriennio di quel programma affollato di ragazze pronte a commuoversi, ballare, cantare in playback e coinvolgere i telespettatori a casa (come mio cugino, che a 16 marinò la scuola per andare in treno da Napoli a Roma mosso dalla passione per Miriana Trevisan).

Laura Freddi, Alessia Merz, Antonella Mosetti, Sabrina Impacciatore, Claudia Gerini, Romina Mondello, Michela Andreozzi, oltre naturalmente ad Ambra Angiolini, sono nomi che hanno imperversato negli anni successivi, gravitando nel mondo dello spettacolo, diventate nomi importanti nell'ambiente. Il programma, durante quegli anni, fu capace di dare vita ad una vera e propria spaccatura nell'opinione pubblica, tra i favorevoli (per lo più appostati all'esterno degli studi nella speranza di un autografo o una foto) e i contrari, come le associazioni dei genitori e gli esponenti della Chiesa, stranamente uniti in questa battaglia insieme a Vasco Rossi. Il cantante di Zocca dedicò la sua canzone "Delusa" al programma, in risposta alla sigla del programma di quella stagione, dal titolo "Affatto Deluse".

I lasciti della trasmissione sono di dubbia e incerta interpretazione, visto che una scuola di pensiero crede fortemente nell'idea che "Non è la Rai" sia stato capostipite di una tv che negli ultimi decenni ha avvalorato un'immagine della donna semplificata e sostanzialmente mercificata, oltre ad essere il primo tassello di una televisione nella quale non si faceva altro che mettere eventuali talenti in bella mostra. Meno integralista il pensiero di chi ha ritenuto fosse la logica evoluzione dell'offerta del piccolo schermo e che il programma di Boncompagni andasse letto solo in un'ottica relativa allo strepitoso successo ottenuto, dunque come fenomeno. Guardando le immagini dell'ultima puntata, le scene da ultimo giorno di villaggio turistico prima della fine dell'estate e le lacrime a fiumi versate dalle ragazze, viene da dire, senza dubbio, che "Non è la Rai" sia stata tra le prime dimostrazioni di come un'idea semplicissima possa completamente sovvertire e sparigliare le convenzionali regole televisive. Che quell'idea sia apprezzata o meno.

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