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Nanni Moretti su “Mia madre”: “Mi sento inadeguato e più vicino al personaggio della Buy”

A Che tempo che fa Nanni Moretti ha presentato il suo prossimo lavoro “Mia madre”. Intervistato da Fazio il regista ha parlato della morte della madre, del suo senso di ineguatezza e della difficoltà di affrontare questo tipo di storia.
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Il 16 aprile uscirà nelle sale "Mia madre", il nuovo film di Nanni Moretti che questa sera lo ha presentato a Che tempo che fa. Il film, che vede tra i protagonisti oltre al regista stesso, anche Margherita Buy e John Turturro racconta la storia di due fratelli, Margherita, una regista in crisi creativa che sta girando un film con protagonista l'attore americano, ma che nel privato vive dei problemi col marito, e Giovanni che assieme a lei cura la madre e che la aiuterà a dare una svolta alla sua vita.

Il film nasce da un momento doloroso per il regista che nel mezzo delle riprese di "Habemus Papam" perse la madre e ha deciso di raccontare quel dolore in questo nuovo lavoro. Ha scelto la Buy, ma in realtà, ammette dal divano di Fazio, più che il personaggio che interpreta a essere più vicino a lui è il ruolo dell'attrice, già presente ne ‘Il Caimano':

Mi sentivo più libero raccontando questa storia con una protagonista femminile, ma mi sento più vicino a lei che al mio personaggio, al suo senso di inadeguatezza. Il suo senso di scollamento alla realtà è il mio. Ed è brutto sentirsi inadeguato, nelle relazioni pubbliche e in quelle private. Diciamo che mi sento come diceva Michel Piccoli in ‘Habemus Papam' quando parlava della sua ‘sinusite psichica'. È come mi sento io: inadeguato.

È un Moretti che da una parte lotta contro la sua inadeguatezza e timidezza, e dall'altra è molto aperto anche quando si parla – e lo si fa inevitabilmente – di sé e del rapporto tra la sua storia privata e il film, tra la realtà e la finzione. "Come si media la spudoratezza col senso del pudore?" gli chiede Fazio:

Parte del lavoro è stato nel non censurarsi: raccontare i propri sentimenti, ma senza farlo con spudoratezza. Mostrare la propria fragilità non esclude di rappresentare questi sentimenti con pudore. Poi ho cercato di non essere ricattatorio nei confronti dello spettatore, indugiando sui momenti più dolorosi. Mi ha fatto piacere quando quelle poche persone che l'hanno visto sono uscite commosse dalla sala, perché so che non ho voluto commuovere per forza lo spettatore

"Mia madre" racconta un'altra volta il dolore, come "La stanza del figlio", ma sono dolori diverse, nati da esperienza completamente differenti, spiega il regista:

"La stanza del figlio" faceva parte più di paure e fantasmi, questo invece parte da esperienza personale. A un certo punto, verso la fine della stesura della sceneggiatura, ho riletto i diari di quel periodo e se da un lato è stato doloroso, dall'altro è stato importante per aggiungere peso e verità.

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