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La lettera di Fabrizio Corona a Verissimo: “Il carcere è l’inferno in terra”

E’ stato finalmente reso noto il testo della lettera che Fabrizio Corona ha scritto alla trasmissione Verissimo, una lettera nella quale l’ex re dei paparazzi racconta finalmente – e senza censura – la sua vita in carcere.
A cura di Stefania Rocco
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Per la prima volta da dieci mesi, momento in cui Fabrizio Corona è stato arrestato e trasferito in carcere, è proprio l'ex divo a parlare. Lo fa attraverso le telecamere di Verissimo, la trasmissione condotta da Silvia Toffanin cui Fabrizio ha spedito la sua prima lettera-evento. In studio per commentarla c'è anche mamma Gabriella, l'unica donna a non averlo abbandonato. Il testo scritto da Corona è triste, una fotografia disincantata che fornisce l'istantanea reale delle attuali condizioni di vita dell'ex compagno di Belén Rodriguez. Non è arrabbiato Fabrizio, non più almeno. Ad animarlo c'è solo la volontà di lasciare presto il carcere, per fare finalmente ritorno alla sua vita. Questo è il testo integrale:

Milano, Carcere di Opera

A chiunque incontro e mi chiede come sto, rispondo sempre la stessa cosa: «Sto bene, molto bene». Ma risponderei così anche dopo 30 coltellate, sanguinante, in fin di vita. Ho sempre risposto così, a tutti. Penso che dopo la scoperta di una grave malattia, il carcere sia la cosa più brutta che possa accadere ad un uomo. È la realtà dell’inferno in terra, dove colpevoli e innocenti sono costretti a vivere in condizioni vergognose e disumane nell’indifferenza istituzionale. Io però, in questo momento, non provo più rabbia, né rancore per chi mi ha condannato e inflitto questa pena così eccessiva e così assurda, ma anzi lo ringrazio perché mi ha dato la possibilità di capire tante cose, mi ha aiutato a riconoscere i tanti sbagli, ad ammettere gli errori, a guardarmi dentro, nel profondo della mia anima e a capire finalmente, a quasi quarant’anni, chi sono e cosa voglio veramente. Il mio avvocato mi dice sempre: "Sii forte del fatto che ciò che è giusto alla fine vince", e io continuo a combattere come ho fatto dal primo giorno che sono entrato in questo nuovo mondo, con questa nuova vita, per dimostrare che nei momenti di difficoltà si deve niente affatto ripiegare le ali, abbassare il tiro, ma anzi, tentare di rilanciarsi lavorando sui propri margini di miglioramento e sulla riscoperta dei valori veri e dei sentimenti come l’orgoglio e il coraggio, perché alla fine, quello che conta veramente è il carattere e il cuore che metti nella tua vita. Bisogna saper rispondere alla disperazione con un sorriso di sfida e il dito medio alzato. E questo, oggi, deve essere d’esempio e di aiuto ai molti che pensano di non farcela e decidono di lasciarsi andare. Io non l’ho fatto e mai lo farò. Stare in prigione in questo paese è come morire lentamente, ma io continuo a vivere lo stesso, di notte, nei miei sogni, anche attraverso i ricordi di quella che è stata la mia incredibile vita: le tante emozioni provate, il grande amore dato e quello ricevuto, convinto, ancora oggi, che i sogni, se li desideri veramente e fai di tutto per raggiungerli, prima o poi diventano realtà. Oggi, chiuso dentro la mia cella, la numero 1 del primo reparto del carcere di massima sicurezza di Opera, guardandovi seduto dal mio sgabello di legno mezzo rotto, attraverso un minuscolo televisore degli anni Settanta, voglio vedere mia madre sorridere: ha già pianto e sofferto troppo. E un ringraziamento a te, Silvia.

Questo è il testo integrale della lettera scritta da Fabrizio, un testo attraverso il quale spera di rendere pubblico il suo intimo cambiamento. Nella speranza di ottenere clemenza.

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