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In 14 milioni a scaricare illegalmente Game Of Thrones: a chi serve più la tv?

Gli spettatori “pirata” della serie tv “Il trono di spade” hanno superato quelli “regolari” negli States. Che cosa significa? Che la vera rivoluzione è sincronizzare l’offerta con quella che è la domanda reale e che termini come “palinsesto”, “prime time” e “audience” devono finire definitivamente in soffitta.
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Come ogni anno TorrentFreak, il portale specializzato in filesharing e p2p, stila la classifica delle serie televisive più scaricate illegalmente ed è per il quarto anno di fila che a vincere l'ideale premio "più pirata" del mondo dello spettacolo è ancora una volta "Game of Thrones" o "Il Trono di Spade", se preferite la tradizione per il mercato italiano. Quest'anno sono stati circa 14 milioni e 40mila i download per la quinta stagione attraverso BitTorrent che resta ancora una risorsa gettonata per gli utenti che desiderano accaparrarsi serie in prima tv, spesso in lingua originale, bypassando esclusive nazionali spesso tardive e curate male. Un numero incredibile che ha superato la media degli spettatori "regolari" americani, fermi a quota 8.1 milioni.

Non si vuole in questa sede giustificare il modello "pirata" o incoraggiarne la diffusione, ma ostinarsi ad ignorare la portata del fenomeno, o peggio ancora, demonizzare e scoraggiarne l'uso, equivale parimenti ad un crimine intellettuale. Perché il fatto che gli spettatori "pirata" superino gli spettatori "regolari" mette in luce tutti i limiti della fruizione classica, e non parliamo qui della tv generalista, che in questo discorso non c'entra nemmeno di striscio. Il dibattito sulla tv generalista è ormai una cosa così stantia che giusto in Italia esiste ancora qualcuno che ha voglia di parlarne. La Riforma di questi giorni sembra fare acqua da tutte le parti, in tv sembra di assistere all'invettiva di Stanis ed il canone in bolletta è l'ennesima mossa sbagliata che costringerà chi non guarda la Rai neanche quando c'è Sanremo, a pagare di più qualcosa che non usa.

La vera rivoluzione è, a questo punto, sincronizzare l'offerta con quella che è la domanda reale. Termini come "palinsesto", "prime time" e "audience" devono finire definitivamente in soffitta (c'è stato lo stop delle rilevazioni per due settimane: chi se ne è accorto?). Il "my time", il concetto per cui non esiste più un palinsesto definito e standard ma esiste solo cosa-voglio-vedere-quando-lo-voglio-vedere, offerto da servizi come Netflix, sbarcato da noi con il fascino di un alieno, ha costretto ad esempio persino un colosso come Sky (che sa di rischiare di essere un futuro "giovane vecchio") a rivedere il sistema di fruizione della sua offerta e a lanciare, in fase sperimentale, Sky Q, che da noi arriverà l'anno prossimo. Che cos'è Sky Q? In poche parole: l'offerta Sky con la libertà concettuale che ha Netflix.

I download illegali non moriranno mai

Ma la possibilità di un catalogo ampio (non infinito) e di grande qualità porterebbe ad arginare il fenomeno dei download illegali? Di certo no. Anche perché, sempre per la questione licenze, appare ancora impossibile garantire che ogni serie tv venga resa immediatamente disponibile all'estero. È il caso di "Mr. Robot", probabilmente la migliore serie tv del 2015, che è stata diffusa negli States ed in Italia non arriverà, a meno di clamorosi annunci dell'ultim'ora. Però alimentare e favorire lo sviluppo di piattaforme "my time" resta però l'unica risposta possibile, una risposta che impartisce una lezione etica duplice, a chi vuole diventare un network e a chi vuole usufruire di un network degno di chiamarsi tale.

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