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Gianni Minà racconta Muhammad Alì: “Non solo pugile, ma protagonista dei diritti civili”

A “Che tempo che fa” Gianni Minà ha raccontato il suo Muhammad Alì, pugile, certo, ma anche uno dei personaggi più importanti per i diritti civili in America.
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Gianni Minà ha raccontato, durante "Che tempo che fa", il programma condotto su Rai Tre da Fabio Fazio, il suo rapporto con Muhammad Alì, il più grande pugile della Storia. In un libro, infatti, Minà – col contributo della moglie – ha raccolto alcuni dei suoi articoli che raccontavano il campione americano. Seduto da Fazio ha ripercorso alcuni dei momenti principali della sua amicizia, partendo dalla prima volta che riuscì a incontrarlo, grazie all'avvocato di Alì: "Fu una delle interviste più scabrose e difficili della mia vita perché non collaborava, era scostante. Mohammed aveva molta sfiducia nelle interviste dei giornalisti occidentali. Verso la metà, però, si sciolse e quando finì mi venne vicino e mi disse: ‘Ha visto? Abbiamo fatto comunque un buon lavoro, ma sa, io credevo che fosse il solito saccente, presuntuoso che viene per dirmi come devo vivere".

Alì non era solo uno sportivo, un pugile, anzi, nel corso della sua storia di vita dentro e fuori al ring ha dimostrato di essere uno dei grandi protagonisti delle battaglie civili americane "che ha seguito Malcom X, che ha precorso quella che è la crisi negli Usa tra i giovani neri e la polizia". "Mi impressionava perché era un giovane nero americano, figlio di quello che oggi definiremo madonnaro – continua Minà – e mi ispirava tenerezza a causa di quel morbo di Parkinson che lo colpi". Uno dei ricordi più divertenti fu l'incontro con Papa Giovanni Paolo II che nonostante i tantissimi impegni – era invischiato con le trattative sul caso Malvine – cancellò un'ora dei suoi impegni: "Per nulla al mondo mi perdo l'incontro con lo sportivo della mia vita" disse, parlando di quando nel suo collegio polacco chiedeva le chiavi per vedere i suoi incontri.

Il giornalista racconta della sua intelligenza superiore: "Non aveva un pugno da ko. Lui si inventava i metodi per affrontare avversari, sulla carta, prima. Quando incontrò Foreman cambiò tattica: ne inventò una che definì ‘presa al laccio di un imbecille'. Visto che a causa delle condizioni meteo avverse danzare era impossibile, aspettò 5 round, nascondendosi. Quando vide che il suo avversario aveva abbassato le braccia in due round lo finì" in quello che è considerato uno degli incontri più belli della storia

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