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Ettore Scola consiglia i Quaderni del carcere a Quello che (non) ho

Uno dei maestri del cinema racconta la parola quaderno. Da quelli scarabocchiati, a quelli lasciati in bianco, fino a quelli di Antonio Gramsci.
A cura di Laura Balbi
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Uno dei maestri del cinema racconta la parola quaderno. Da quelli scarabocchiati, a quelli lasciati in bianco, fino a quelli di Antonio Gramsci

L’intervento di Ettore Scola a Quello che (non) ho è anticipato da un estratto di C’eravamo tanto amati, uno dei film più significativi della sua carriera da regista. Ettore sceglie la parola quaderno; che non vorrebbe mai far uscire dall’uso comune. Lui con il quaderno ha avuto un rapporto speciale fin da piccolo, quando ne ha ritrovato uno che riportava i conti di famiglia. Tra i tanti c’erano quelli per le sue scarpe di cuoio. Le scarpe che ha visto confezionare davanti ai suoi occhi da Rocco il calzolaio, rappresentavano qualcosa creato che prima non esisteva. Scola racconta i suoi quaderni, non così allegri come quelli di oggi, sempre scarabocchiati in bella e in brutta. Il bambino Ettore provava a giustificarsi dicendo “E’ colpa del pennino”, ma nessuna maestra gli credeva. Parla del suo amico che aveva un quaderno sempre con se, era Vittorio Gassman, che aveva scritto solo la prima pagina, lasciando in bianco le altre. Non furono bianche invece le pagine dei quaderni di Gramsci scritti in carcere. Una lettura che Scola consiglia, così come consiglia anche nell'era della comunicazione moderna, con twitter e Facebook, di entrare in cartoleria ed acquistare un quaderno.

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