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Corona i desideri degli italiani

La tv dedica maratone alla vicenda dell’ex fotografa, simulacro indiscusso del nostro degrado. La tv la sposta sul codice penale quando qui si parla di un codice morale sul quale Fabrizio Corona ha sempre sputato.
A cura di Andrea Parrella
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Fabrizio Corona in tribunale

Corona si è consegnato, è stato arrestato, ha pianto o come ha precisato ieri, non ha pianto. E' stato difficile provare ad evitare di prestare attenzione in maniera compulsiva all'affaire Corona, alla triade perfetta Condanna-Latitanza-Consegna. A rifletterci con attenzione  è più un esercizio di stile quello di provare ad evitare tormentoni di questo tipo che realtà pratica. La verità è che quando fatti del genere invadono i giri mediatici infestando qualsiasi canale e penetrando in ogni conversazione possibile, diventa difficile esimersi dal capire cosa accada e farsene un'idea.

Si è sentito vaticinare di tutto, in questi ultimi giorni, su quale sarebbe stato il destino di Fabrizio Corona, di quello che avrebbe meritato, di quello che effettivamente gli sarebbe stato destinato, tanto che sono partite delle scommesse sugli esiti della vicenda. Sfilze di giornalisti hanno invaso i salotti pomeridiani della tv (Aldo Grasso proponeva ieri un po' di sana latitanza di Venier e D'Urso), dividendosi tra giustizialismo e garantismo. Sono troppi sette anni? E' giusta la detenzione? Che esempio morale è Fabrizio Corona? Tutte robe che lui aveva programmato ampiamente. Il punto che si ripropone è il solito, contrariamente a chi bistratta qualunque parallelismo con il berlusconismo che circola nelle nostre vene: questa vicenda "Corona i desideri di buona parte degli italiani". Sono i desideri di un'etica alternativa a quella che dovrebbe essere, un'etica alternativa che di fatto esiste già e che prescinde dalla legge, perché è pertinente al buon gusto. Quello manca di certo.

Nel merito della questione, non v'è dubbio di sorta, potrebbero risultare plausibili due vie di comportamento: l'indifferenza o, al massimo, la condanna assoluta. Quest'ultima deporrebbe ancora a favore della logica perversa del basta che se ne parli, ma quantomeno la contrassegnerebbe di negativo. Invece credo che vestire la vicenda di questo abito giudiziario, rendendola un normale fatto di cronaca, la stia giustificando e sia un'opera alla quale una certa tv, in continuità col mondo di Corona, sta dando adito. Trovo palesemente dannoso questo processo di normalizzazione, se non altro perché Corona non dimostra mai il minimo accenno di pentimento e a sentir uscire dalla bocca di qualcuno che non è possibile incarcerare per sette anni uno che ha ricattato un altro per delle foto scomode, risponderei che più del gesto stesso vale la rivendicazione di innocenza pedissequa in cui il personaggio si è esibito negli anni. La sua colpa è il codice culturale e la Tv sta provando a spostarla sul codice penale. Ma io non mi scordo che Corona è uno dei simboli di una generazione malsana. E che lui prova sincero piacere ad esserlo.

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