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Amici, una balena stanca che si Arena a Verona

Maria De Filippi porta in trasferta il suo talent show per le due finali di questa edizione. A parte la location non c’è niente di nuovo e pure il nuovo pare riciclato: è ripetizione del brutto che il pubblico generalista si ostina a non condannare.
A cura di Andrea Parrella
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Se Giacomo Leopardi avesse fatto in tempo a vivere l'era di Amici, avrebbe un giorno ricevuto una telefonata nella quale gli si chiedesse di presenziare al serale per leggere, insieme al talentuoso Tizio di turno, "una parte" di A Silvia. Lui avrebbe risposto titubante sul senso di quel "a parte" e gli avrebbero spiegato che se ne leggeva giusto un accenno, perché tutta intera è troppo lunga.

Non sono i tempi televisivi che si vogliono gratuitamente criticare, bensì la scelta di cantare venticinque canzoni a metà quando se ne potrebbero fare dieci per intero. Si trova ancor più scandaloso che un artista affermato accetti di esibirsi nella propria opera spezzettata (il ragionamento che, se frammentata, perda il suo senso d'esistere è così assurdo?). Questo è solo il primo dei tratti assurdi dello storico format, che ha concluso questa edizione con due serate all'arena di Verona e che, a tutti gli effetti, ha dato vita a questa cultura del "un po' di tutto". Si potrebbero aggiungere i vestiti da clown del circo Togni che i concorrenti sono costretti a indossare, New York New York scelta tra i pezzi per un'esibizione, quello della categoria cantanti (corrente cantautorale) che si commuove quando canta i pezzi che ha scritto lui così da dare l'impressione di capirli, il fatto che quest'ultimo esemplare finisca per vincere e con buona probabilità di essere tra quelli (pochi ormai) usciti da Amici che non avranno gran successo.

Maria De Filippi continua a presentare il programma con fare impiegatizio, finisce una canzone e non lascia il tempo dell'applauso che già sta presentando la canzone di quell'altro, riducendo tutto ad una fiera, una mercificazione estrema. Non è più sopportabile quello lì che legge i titoli delle esibizioni al posto della presentatrice, manco non ci siano soldi per una cartelletta con la scaletta alla De Filippi. Infine non se ne sopporta nemmeno la novità, Enrico Brignano, perché non si capisce quale senso abbiano, in questo contesto, i suoi monologhi riciclati (sarebbero riciclati pure se fosse la prima volta che li declama) . Si preferisce prendere in considerazione solo la serata di venerdì, perché è quella che viene trascinata dall'andamento usurato del quale la serata di sabato con i big è l'esempio massimo. Anche se la cosa più insolita è che una apparente outsider, Alessandra Amoroso, dimostri di avere un pubblico più solido di chi ha vinto Sanremo trionfando nella categoria "big".

Per il resto, davvero nulla di nuovo. E quindi qual'è il motivo di sorpresa? Quale la sintesi di questo discorso? Dunque, Amici è brutto, almeno a modesto parere. Ma questo non è condannabile. La riflessione è un'altra e cioè di come il bello, qualcosa che generalmente riesca di buona qualità, in quanto tale non si può ripetere. Nel momento stesso in cui scatti la ripetizione non si bada a come la si faccia, si condanna la ripetizione come perdita di bellezza: si preferisce parlare di monotonia di bellezza anziché bellezza e basta. Ma perché non accade lo stesso per il brutto? possibile che la sua ripetizione non comporti la stessa condanna? Il problema non sono undici anni, ma undici anni sempre uguali, con i medesimi tratti distintivi insopportabilmente brutti. Amici è stanco, non ha mai avuto grosse idee in itinere per migliorarsi, ma se le ha avute ora ne è del tutto privo. La scelta di dedicare spazio ai big togliendolo ai protagonisti di quest'anno è un sintomo emblematico. E' un grosso balenottero esausto che si Arena a Verona. Ha ancora senso continuare a spostarlo?

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