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Amici è imbarazzante, anche gli appassionati dovrebbero ammetterlo

Forse non si era mai giunti a esempi di bruttezza pari al playback di Bosè in compagnia di sua nipote avvenuto ieri sera. Amici è divenuto piatto, incapace ad emozionare il pubblico a casa, un circolo chiuso dove pare siano coinvolti (forse) solo quelli che stanno in studio.
A cura di Andrea Parrella
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Nemmeno le grida di Sandra Milo (che almeno erano autentiche) o quelle di Angela Melillo a La Talpa durante la prova in cui dovevano resistere in una bara sottoterra; non il finto salvataggio di Pippo Baudo del tentato suicidio nel teatro Ariston e neanche le avventure dell'Uomo Gatto a Sarabanda nei tempi peggiori: nulla può essere paragonato al momento raccapricciante dell'esibizione di Miguel Bosè, con una nipote dalle scarpe più grandi di due numeri rispetto al suo piede, rigorosamente in playback, ieri sera ad Amici 2013. Prima di tutto per il playback, poi per il nepotismo, infine per il balletto patetico con cui hanno concluso l'esibizione (si rammenta in questo caso l'hashtag #NoAiPlaybackDiBosèAdAmici). Più in generale, raramente si è assistito al passaggio di una fiera così insulsa e priva di interesse come quello che è diventato la carovana di Amici in questa stagione. Chiedo agli appassionati un po' di comprensione ed un briciolo di onestà intellettuale. Tenterò di spiegarmi.

L'anno scorso sembrava essersi palesato il capolinea, l'inevitabile momento in cui Amici, con la gara dentro la gara, diventava così autoreferenziale da riproporre sfide tra i personaggi che lo avevano vinto in passato. A mio parere, la vena creativa delle menti che ideavano il programma (che il risultato della creazione piacesse o meno) si è arrestata lì. Della serie: non abbiamo più idee? ricicliamoci. Ma quest'anno si stanno dimostrando capaci di fare di peggio. La polemica sulle puntate registrate ne è fondamentalmente una sintesi perfetta. Se rimaneva al format un briciolo di animo autentico con i silenzi durante la diretta, gli imprevisti, la linea d'evidenziatore sulle problematiche a mettere insieme delle dirette di quasi tre ore, con questo strumento della non diretta lo svolgersi degli eventi in studio è divenuto quanto di più asettico si possa immaginare. Lo spessore di tutto quanto possa accadere (a volte gli errori sono sintomo di carattere), si appiattisce totalmente, la trasmissione ha la forma di un cubo, liscio anonimo e senza sfaccettature. Oltre a sapere già quale sia l'esito di ogni puntata, non c'è il minimo imprevisto che ci si possa attendere, perché se c'è, magari lo tagliano.

E poi l'aspetto deprimente dell'ambiente. Tralasciando che quelli di Amici, per quelli di Amici, sono tutti bravi e quindi non sembra apparire il minimo smacco, pare assurdo il coinvolgimento in cui sono calati i giudici, quando all'esterno non ne traspare la minima traccia. Non critico le lacrime, il pubblico emozionato, anzi. Critico il fatto che a casa, di emozionarsi, pur volendo, non ce n'è la minima possibilità: rivendico la possibilità di piangere e di incazzarmi, ma è impossibile. Vi è mai capitato di vedere degli amici tornare da una vacanza in un villaggio turistico entusiasti, coinvolti fino al midollo, lacrimanti, voglioso di tornare in quel posto il giorno dopo stesso, ma incapaci di trasmettervi quel sentimento perché voi quella vacanza non l'avete fatta? Ecco, la sensazione, guardando quella cosa orripilante trasmessa al sabato sera da Canale 5, è che sia un circolo chiuso, dove riescono a piangere solo quelli che stanno lì dentro. E non è nemmeno tanto sicuro che questo accada spontaneamente, perché che Verdone la standing ovation al ragazzo uscito ieri sera volesse farla davvero, non ne sono proprio certo. A subire gli effetti di questo teatrino stucchevole sono i ragazzi, ragionevolmente i soli ad avere diritto di essere provati da una cosa che portano avanti da mesi. Loro sono gli animatori del villaggio, spesso, anzi quasi sempre, sono più coinvolti dei clienti.

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