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Aiart contro Stato Civile, programma sulle unioni gay: “Perché va in onda nel preserale?”

Il presidente dell’associazione spettatori si rivolge a Rai 3, che ripropone il programma nella fascia preserale durante le feste natalizie: “Perché la rete non scrive e realizza un format che riesca a raccontare un format che riesca a raccontare la fatica e la gioia della normalità di un rapporto uomo-donna?”.
A cura di Andrea Parrella
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Il Trono Gay di Uomini e Donne non è il solo luogo televisivo che abbia abbracciato completamente gli effetti dell'approvazione delle leggi sulle Unioni Civili. Stato Civile è un programma di Rai 3 che nelle ultime settimane ha raccontato storie di coppie omosessuali e soprattutto del coronamento del sogno di molti, dopo l'approvazione della Legge Cirinnà. Negli ultimi giorni la rete ha deciso di riproporre il programma nella striscia quotidiana preserale, sostituendo durante il periodo delle vacanze natalizie "Gazebo". Si tratta di repliche, ma è una scelta che molti telespettatori hanno apprezzato, stando ai commenti dei post Facebook sulla pagina ufficiale di Rai 3.

La scelta della rete tuttavia è stata divisiva e lo ha dimostrato una lettera a Avvenire che il presidente dell'associazione spettatori Aiart Massimiliano Padula aveva inviato giorni fa. Lettera che invitava ad una riflessione rispetto all'opportunità di proporre le repliche a ridosso della prima serata, nella quale Stato Civile viene descritto come un programma che "da un lato ha il merito di fotografare realtà sociali legittime e degne di rispetto, dall’altro scivola più volte in una propaganda discutibile". Alcuni stralci della lettera sono interessanti per comprenderne il senso:

Perché la Rai decide di rilanciare il docu-reality ‘Stato Civile' dopo averlo già inserito di recente nella programmazione della seconda serata della terza rete? Perché decide di collocarlo alle 20.05, in pieno preserale, per cinque giorni consecutivi, durante le festività natalizie? Non si tratta di domande retoriche ma di un vero e proprio appello alla Rai e in particolare alla rete diretta da Daria Bignardi, perché ci spieghino i motivi di una scelta che sa di forzato e di “costruito ad arte”. Non è nel nostro stile trarre conclusioni a priori o esprimere pregiudizi su storie di vita che meritano certamente rispetto, ma non possiamo non farci portavoce di una domanda di senso a cui il Servizio pubblico non può non dare una risposta.

Il corpo centrale della lettera descrive la struttura del programma, mentre nel finale si legge una provocazione lanciata dall'associazione: "Perché Rai Tre non scrive e realizza un format che riesca a raccontare un format che riesca a raccontare la fatica e la gioia della normalità, a dare spazio alle contraddizioni e alle imperfezioni che oggi una coppia uomo-donna (sposata in Chiesa o civilmente) vive, nonostante le tante iniquità sociali ed economiche che spesso impediscono di generare figli e progettare il futuro? Sarebbe un antidoto alla rassegnazione e un gesto degno di uno “Stato (e di un servizio pubblico) civile”. 

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